Un corretto stile di vita, tramite una alimentazione equilibrata, praticare attività fisica ed avere buone abitudini sessuali permettono di mantenere la prostata in salute.

Affrontare i problemi alla prostata non è mai facile. In alcuni casi anche i trattamenti più consolidati non sono sempre particolarmente efficaci e si potrebbe optare per rimedi più naturali, come erbe e integratori.

Ma è necessario utilizzarli con cautela e consultare sempre il proprio medico prima di assumere qualsiasi sostanza.

Negli Stati Uniti ormai circa un terzo degli uomini con tumore alla prostata utilizza almeno una forma di terapia di medicina complementare, comprese erbe e integratori.

Alcuni studi hanno suggerito che erbe e integratori potrebbero aiutare il trattamento del tumore alla prostata, ma la preoccupazione principale è che alcune erbe e integratori possono interagire tra loro o con i farmaci prescritti.

Ad esempio, possono aumentare gli effetti di alcuni farmaci o inibirne i benefici.

Una delle interazioni più comuni coinvolge erbe come l’iperico (Hypericum perforatum, o erba di San Giovanni) che agiscono sul fegato agendo sugli enzimi del citocromo P450, che metabolizzano i farmaci.

Altre erbe, come la Serenoa repens (o saw palmetto) che ormai moltissimi uomini assumono per l’iperplasia prostatica benigna e integratori di melatonina possono aumentare il rischio di sanguinamento se assunti con altri farmaci come aspirina, ibuprofene, naprossene, anticoagulanti o farmaci antipiastrinici.

Un altro problema è che non esistono studi sul fatto che erbe e integratori possano proteggere dal tumore alla prostata o rallentarne la crescita.

Uno degli studi più pubblicizzati sugli integratori e sul tumore alla prostata è lo studio SELECT (Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial), che ha esplorato l’uso di vitamina E e integratori di selenio.

Studi preliminari suggerivano che entrambi avessero la capacità di ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata nell’uomo. Tuttavia, i risultati dello studio SELECT, pubblicati nel 2011 su JAMA, hanno rilevato che gli uomini che assumevano integratori di vitamina E avevano un rischio maggiore del 17% di tumore alla prostata rispetto agli uomini che assumevano un placebo (fonte).

Nel 2014, i ricercatori, utilizzando i dati dello studio SELECT, hanno scoperto che alte dosi di vitamina E (400 unità internazionali al giorno) o selenio (200 microgrammi al giorno) non solo non apportano alcun beneficio agli uomini a rischio di tumore alla prostata, ma in alcuni casi rappresentavano un pericolo (fonte). Ad esempio, gli uomini che assumevano già selenio ad alte dosi prima dello studio hanno avuto una probabilità aumentata di sviluppare un tumore alla prostata dopo aver assunto altro selenio. Inoltre, negli uomini con bassi livelli di selenio, l’integrazione di vitamina E ha aumentato il rischio totale di tumore alla prostata del 63% e ha aumentato il rischio di cancro di alto grado del 111%.

La linea di fondo è che le erbe e gli integratori non fanno miracoli e, sebbene possano portare benefici ad alcuni uomini con malattie della prostata, è sempre necessario consultare il medico per sapere se possono supportare il proprio specifico trattamento.

I disturbi della sessualità sono molto spesso correlati a problemi alla prostata.

In passato, si pensava che la maggior parte dei casi di disfunzione erettile fosse di origine psicologica, il risultato di ansia da prestazione o stress. Sebbene questi fattori possano causare una disfunzione erettile, oggi si pensa che il 70% delle volte il problema possa essere ricondotto a una condizione fisica che limita il flusso sanguigno, ostacola il funzionamento dei nervi o entrambi.

Tali condizioni includono diabete, malattie renali, sclerosi multipla, aterosclerosi, malattie vascolari e alcolismo.

Tuttavia, le patologie che colpiscono la prostata possono essere direttamente responsabili dei problemi alla sfera sessuale maschile.

Ma quali sono le funzioni della prostata?

La funzione della prostata è quella di produrre ed secerner il liquido seminale, uno dei costituenti dello sperma, che contiene diversi elementi come proteine, zuccheri, sali minerali, necessari a favorire la sopravvivenza e la funzionalità degli spermatozoi.

La prostata svolge anche un ruolo nel controllare il flusso di urina. La prostata è attraversata dall’uretra e circonda questo canale con delle fibre muscolari che contraendosi rallentano o chiudono il flusso dell’urina dalla vescica verso l’esterno.

Intorno alla prostata scorrono inoltre due fasci di nervi che raggiungono il pene e ne controllano l’erezione.

Quali patologie della prostata possono influire sulla sessualità?

Tumore alla prostata

Una comparsa improvvisa di disfunzione erettile può essere un segno che un uomo ha un tumore alla prostata, che si è diffuso ai nervi e alle arterie necessari per l’erezione.

L’impatto più grosso sulla funzionalità sessuale è dato dalle terapie per questa patologia.

La chirurgia per il tumore alla prostata può recidere alcuni dei nervi o delle arterie necessari per l’erezione. Per gli uomini sottoposti a prostatectomia radicale (asportazione della ghiandola prostatica), le sti

me di quanti uomini riacquisteranno la capacità di avere erezioni variano ampiamente, dal 25% all’80%. Anche le cosiddette tecniche chirurgiche “nerve-sparing” (che risparmiano i nervi) portano alla disfunzione erettile fino alla metà di tutti i casi.

I risultati dipendono da variabili come l’età del paziente, l’abilità del chirurgo e la posizione del tumore (se un tumore è troppo vicino al fascio nervoso, i nervi non possono essere risparmiati). Anche quando i nervi non sono permanentemente compromessi, possono essere necessari dai sei ai 18 mesi perché le minuscole fibre nervose si riprendano dal trauma della chirurgia e ripristinino la funzione sessuale.

La radioterapia per il tumore alla prostata può danneggiare i tessuti erettili. Sia la radiazione a fascio esterno sia la brachiterapia (radioterapia localizzata internamente alla ghiandola) portano alla disfunzione erettile in circa la metà degli uomini che ricevono queste terapie. Tuttavia, questi effetti collaterali potrebbero non verificarsi fino a due anni dopo il trattamento.

La disfunzione erettile è talvolta un effetto collaterale di alcuni farmaci per la terapia ormonale prescritti per gli uomini con tumore alla prostata che si è diffuso al di fuori della ghiandola. Tra questi farmaci a base di ormoni ci sono leuprolide (Lupron) e goserelin (Zoladex). Altri, come la flutamide (Eulexin) e la bicalutamide (Casodex) possono causare la disfunzione erettile in misura minore.

Iperplasia prostatica benigna

Molti uomini che soffrono di iperplasia prostatica benigna (IPB), o ingrossamento della prostata, sviluppano anche disfunzione erettile e problemi eiaculatori. Sebbene l’IPB non sia di per sé la causa di questa condizione, alcuni dei trattamenti utilizzati per l’IPB possono farlo. Ad esempio, la finasteride (Proscar), un farmaco antitestosterone prescritto per l’IPB, è stata collegata alla disfunzione erettile nel 3,7% degli uomini che la usano e alla diminuzione della libido nel 3,3%. Ma gli alfa-bloccanti come la terazosina (Hytrin), la tamsulosina (Flomax) e la doxazosina (Cardura) possono migliorare i sintomi dell’IPB con un minor rischio di effetti collaterali sessuali. La resezione transuretrale della prostata, una tecnica chirurgica spesso utilizzata quando i farmaci falliscono, causa anche disfunzione erettile in una piccola percentuale di uomini.

Disturbi ormonali

Poiché il testosterone aiuta a stimolare il desiderio sessuale, si potrebbe presumere che bassi livelli di ormone siano la causa della disfunzione erettile. È vero che quando la carenza di ormoni è un fattore di disfunzione erettile, anche il desiderio sessuale ne risente. E secondo alcune stime, il 10%-20% degli uomini con disfunzione erettile presenta anomalie ormonali.

La causa ormonale più comune della disfunzione erettile è l’ipogonadismo o i testicoli che non producono abbastanza testosterone.

Prostatite

La prostatite è una infiammazione della ghiandola prostatica che può essere acuta (di solito causata da un’infezione batterica) o cronica (di solito non causata da un agente infettivo). I sintomi includono dolore durante la minzione, minzione più frequente e, talvolta, una secrezione dal pene o febbre. La prostatite grave può causare direttamente la disfunzione erettile. Nelle forme più lievi, la prostatite può causar una eiaculazione dolorosa, che può certamente interferire con il piacere sessuale e può portare a disfunzione erettile. Il medico può prescriverle degli antibiotici per trattare il problema, ma possono essere necessarie diverse settimane prima che l’infezione si risolva e che le normali erezioni ritornino.

Parlane con il medico

E’ sempre meglio non sottovalutare i sintomi che si avvertono alla prostata o comunque all’apparato utogenitale.

Un intervento tempestivo può permettere di curare in maniera efficace la patologia e quindi evitare di andare incontro a problemi alla sessualità per che possono avere ripercussioni anche sulla sfera psicologica.

Per gli uomini che soffrono di calvizie precoce un controllo alla prostata è d’obbligo.

Una ricerca spagnola pubblicata sulla rivista Journal of the American Academy of Dermatology ha evidenziato una relazione tra l’alopecia androgenetica, la più comune forma di calvizie, e l’iperplasia benigna alla prostata.

In questo studio che ha coinvolto 45 uomini affetti da alopecia androgenetica i ricercatori hanno scoperto che sia la calvizie che l’iperplasia prostatica benigna sono entrambe causate da una produzione eccessiva di diidrotestosterone (DHT), un ormone che si forma dalla trasformazione del testosterone ad opera dell’enzima 5 alfa-reduttasi nella prostata, nei testisoli, nei follicoli dei capelli e nelle ghiandole surrenali.

Il DHT infatti è un metabolita attivo ed è l’ormone androgeno più potente dell’organismo, con un attività superiore al testosterone di ben 4-5 volte e risulta essere importantissimo per la regolazione delle funzioni del nostro corpo.

Il DHT è responsabile della formazione dei caratteri di genere maschili, come la crescita dei peli sulla faccia e sul corpo, e della profondità della voce. Il DHT può essere inattivato nel muscolo scheletrico per azione della 3-alfa idrossisteroide deidrogenasi e pertanto non ha effetto significativo sull’ipertrofia muscolare.

Gli ormoni androgeni come il DHT sono responsabili delle caratteristiche come ad esempio il tono più o meno profondo della voce, del potenziamento della massa muscolare, della quantità di peli nel corpo e, non da meno, durante la crescita del feto, il DHT assume un ruolo cruciale nello sviluppo della ghiandola prostatica e del pene.

Il DHT è uno dei fattori primari della calvizie nei maschi, in quanto il DHT si lega al bulbo pilifero del capello, atrofizzandolo. Le femmine con elevati livelli di DHT possono sviluppare alcuni caratteri sessuali secondari maschili, incluso un approfondimento della voce e la crescita di peli sulla faccia e sul corpo. Sembra anche che il DHT giochi un ruolo nello sviluppo o nell’evoluzione dell’iperplasia prostatica benigna e del tumore alla prostata, anche se la ragione precisa di ciò è ancora ignota.

Si sa anche che il DHT partecipa allo sviluppo dell’acne.

I farmaci appartenenti al gruppo noto come inibitori della 5-alfa-reduttasi sono usati per i problemi dovuti al DHT. Questo gruppo include la finasteride e dutasteride.

Trattamenti alternativi per inibire il DHT includono integratori dietetici, o preparazioni somministrate topicamente, a base di estratti della bacca della serenoa repens. Diversamente dai più conosciuti inibitori della 5-alfa-reduttasi, la serenoa induce i suoi effetti senza interferire con la capacità da parte delle cellule di secernere PSA. L’estratto di serenoa è in grado di inibire entrambe le isoforme della 5-alfa-reduttasi, a differenza della finasteride che inibisce solo l’isoenzima (predominante) 2 della 5-alfa-reduttasi.

La finasteride è un farmaco utilizzato per il trattamento degli stati precoci di alopecia androgenetica, negli uomini tra i 18 e i 41 anni, e per il trattamento e il controllo della iperplasia prostatica benigna. Tecnicamente, il medicinale è un inibitore dell’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II, che ha la funzione di convertire il testosterone in diidrotestosterone (DHT), un androgeno che è responsabile dello sviluppo dei genitali maschili, dei caratteri sessuali secondari (la crescita dei peli, l’abbassamento del tono della voce, ecc.) e dello stimolo sessuale. La finasteride, inibendo tale enzima e impedendo la trasformazione del testosterone, riduce i livelli di DHT.

Purtroppo, un numero crescente di studi dimostra che, in alcuni casi, la finasteride induce gravi effetti avversi, che possono persistere dopo l’interruzione del trattamento ed essere persino irreversibili.

Una malattia che si chiama tumore ha sempre un effetto traumatico; quando poi si tratta di una diagnosi di tumore alla prostata non si parla più solo di una malattia del corpo, ma colpisce l’uomo nella sua identità maschile più intima.

La persona si trova a dover affrontare da un lato la malattia e la scelta dei trattamenti più idonei da un punto di vista medico e dall’altro a dovere gestire le conseguenze che questi provocano in diversi aspetti: quello della percezione di sé sia dal un punto di vista psicologico che fisico e nella vita di coppia, e quello sociale e relazionale.

Questo è dovuto alle difficoltà emotive che accompagnano gli effetti collaterali di alcuni trattamenti, come i disturbi della sfera sessuale, l’incontinenza o una femminilizzazione del corpo dovuta alla terapia ormonale. E a volte si aggiunge anche la sensazione di non essere più adeguati e di sentirsi invecchiati di colpo.

Curare il tumore alla prostata significa prendersi cura della persona a tutto tondo, aiutarla e sostenerla nel percorso di cura e questo è possibile grazie al lavoro di un team multidisciplinare con diverse figure specialistiche: medico oncologo, radiologo, chirurgo, urologo e psico-oncologo.

Le opzioni di trattamento sono diverse: chirurgia, ormonoterapia, radioterapia e chemioterapia. Anche la “Sorveglianza attiva” è un’ipotesi, e consiste nel monitorare la malattia con un programma molto preciso di visite ed esami, inclusa la biopsia, e senza dover assumere farmaci specifici o essere sottoposti a un intervento. Questa strategia viene presa in considerazione solo in alcune forme di cancro poco aggressive che tendono a rimanere indolenti. Ma, se da un lato non causa i problemi fisici dati dalle terapie, la malattia stessa può comunque avere un effetto psicologico impattante sul paziente. Anche nel caso della “Sorveglianza attiva”, si deve sopportare il peso degli effetti psicologici della “convivenza” con un tumore, con il conseguente possibile stato di ansia e stress.

Lo specialista valuta l’obiettivo di salute e considera a parità di efficacia le terapie possibili e con il paziente si devono razionalmente considerare i costi e i benefici degli effetti che la terapia porta con sé. L’assunzione di responsabilità, dover scegliere la propria terapia, crea disorientamento, non è sicuramente una scelta facile, e idealmente si vorrebbe che il medico decidesse cosa si deve fare. Eppure arrivare a una scelta consapevole e condivisa con il paziente è garanzia di un maggior adattamento all’esperienza di malattia.

Quando la terapia incide sulla funzione sessuale e sulla funzionalità erettile viene messa in discussione la sfera più intima maschile, la virilità della persona e l’essere uomo nella parte più profonda di sé. La potenza maschile viene vissuta anche attraverso la possibilità di avere un’erezione, quando non si realizza provoca un impatto sull’uomo e sull’essere riconosciuto come tale. All’interno della coppia la figura dell’uomo viene messa in discussione, e spesso per evitare di mettere in difficoltà il partner si finisce per non avere rapporti, con il conseguente allontanamento dal proprio partner.

Esistono presidi farmacologici che possono aiutare, ma la riabilitazione sessuologica più efficace deve tener conto sia dell’impatto fisico che dell’impatto psicologico e offrire alla persona e alla coppia ove esiste, la possibilità di fare un percorso che aiuti a ricostruire un senso di sé efficace e una buona intimità di coppia.

Il percorso per far fronte al cambiamento e per riappropriarsi delle proprie abitudini è possibile, ma serve tempo, capacità di adattamento e comunicazione con il partner.

referenza: https://www.nature.com/articles/pcan201166

“Dottore, cosa posso fare per prevenire il tumore alla prostata?”.
Questa è una delle domande più comuni che i medici sentono dagli uomini preoccupati per la salute della prostata.

Purtroppo non esiste niente che possa garantire di non sviluppare con sicurezza una malattia. C’è sempre una probabilità di rischio, che però può essere ridotta con qualche semplice accortezza sul nostro stile di vita.

Adotta uno schema alimentare sano

Invece di concentrarsi su cibi specifici, dietisti, medici e ricercatori pubblicizzano un modello generale di alimentazione sana e mangiare sano è più facile di quanto si possa pensare.

In poche parole, ecco cosa consigliano gli esperti:

  1. Mangia almeno cinque porzioni di frutta e verdura ogni giorno. Scegli quelli con colori intensi e luminosi.
  2. Scegli pane integrale al posto del pane bianco e scegli pasta integrale e cereali.
  3. Limita il consumo di carne rossa, inclusi manzo, maiale, agnello e capra, e carni lavorate, come mortadella e wurstel. Pesce, pollame, fagioli e uova sono fonti di proteine ​​più sane.
  4. Scegli grassi salutari, come olio d’oliva, frutta secca (mandorle, noci) e avocado. Limita i grassi saturi dei latticini e di altri prodotti animali. Evita i grassi parzialmente idrogenati (grassi trans), che si trovano in molti fast food e cibi confezionati.
  5. Limita le bevande zuccherate, come le bibite e molti succhi di frutta.
  6. Riduci il sale. Scegli cibi a basso contenuto di sodio leggendo e confrontando le etichette degli alimenti. Limita l’uso di cibi in scatola, lavorati e congelati.
  7. Guarda le dimensioni delle porzioni. Mangia lentamente e smetti di mangiare quando sei pieno.

Rimani attivo e mantieni la prostata in salute

Oltre a seguire una dieta sana, dovresti rimanere attivo. L’esercizio fisico regolare riduce il rischio di sviluppare alcuni problemi gravi, tra cui malattie cardiache, ictus e alcuni tipi di tumore. E sebbene relativamente pochi studi abbiano valutato direttamente l’impatto dell’esercizio fisico sulla salute della prostata, quelli che sono stati effettuati hanno concluso che l’esercizio è benefico. Per esempio:

  • Sulla base dei questionari dello studio Health Professionals Follow-up Study, sponsorizzato dall’Università di Harvard, compilati da oltre 30.000 uomini è emersa una relazione inversa tra attività fisica e sintomi di iperplasia prostatica benigna (IPB). In poche parole, gli uomini che erano più attivi fisicamente avevano meno probabilità di soffrire di IPB. Anche l’attività fisica di intensità da bassa a moderata, come camminare regolarmente a un ritmo moderato, ha prodotto benefici.
  • Dallo stesso studio è stata osservata una correlazione tra disfunzione erettile ed esercizio fisico. Hanno scoperto che gli uomini che correvano almeno per un’ora e mezza o che facevano tre ore di sport all’aperto alla settimana avevano il 20% in meno di probabilità di avere problemi di erezione rispetto a quelli che non si allenavano affatto. E più aumentava la quantità di attività fisica, più diminuiva il rischio. È interessante notare che, indipendentemente dal livello di esercizio, gli uomini in sovrappeso o obesi avevano un rischio maggiore di disfunzione erettile rispetto agli uomini con un indice di massa corporea ideale.
  • Una ricerca italiana ha reclutato 231 uomini sedentari con prostatite cronica e li ha divisi in due programmi di esercizio per 18 settimane: esercizio aerobico, che includeva camminata veloce, o esercizio non aerobico, che includeva sollevamento delle gambe, addominali e stretching. Ogni gruppo si esercitava tre volte a settimana. Alla fine dello studio, gli uomini di entrambi i gruppi si sentivano meglio, ma quelli del gruppo di esercizi aerobici hanno sperimentato significativamente meno disagio, ansia e depressione e una migliore qualità della vita.

Da queste evidenze possiamo quindi dire che se vuoi mantenere in salute la prostata:

  1. Fai attività fisica, partendo con una intensità bassa, come camminare regolarmente a un ritmo moderato
  2. Cerca di aumentare gradualmente l’intensità della tua attività fisica. Ma senza strafare. ascolta il tuo corpo!
  3. Preferisci attività aerobica, come una camminata veloce o una corsa, ad attività non aerobica, come sollevamento gambe o addominali.

fonte: https://www.health.harvard.edu/mens-health/10-diet-and-exercise-tips-for-prostate-health

Caffè e prostata sono cattivi compagni?

Si dice spesso che bisognerebbe evitare di bere caffè perchè potrebbe stimolare un’infiammazione alla prostata.

Ma quindi dovremmo evitare di bere caffè per non rischiare di sviluppare una patologia alla prostata oppure dovremmo farlo solo se già si soffre di qualcosa?

Alcuni studi sembrerebbero addirittura sostenere che il consumo di caffè possa abbassare il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Da una ricerca condotta proprio in Italia, che ha coinvolto 7000 uomini, sembrerebbe che il rischio di sviluppare un tumore alla prostata si riduce di oltre il 50% in chi beve più di tre tazzine al giorno.

Per cercare di comprendere quale sia il meccanismo alla base di questo effetto sono stati condotti degli esperimenti in laboratorio da cui è emerso che l’effetto protettivo del caffè sia proprio dato dalla caffeina.

Ma non si diceva che il caffè fosse addirittura cancerogeno?

L’idea che il caffè possa aumentare il rischio di tumori deriva dal fatto che durante il processo di tostatura dei chicchi di caffè si genera una molecola chiamata acrilammide, sotto i riflettori per il suo potenziale effetto cancerogeno. Tuttavia un studio condotto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha concluso che il contenuto di acrilammide nei chicchi di caffè è lontano dal poter essere pericoloso per la salute, concludendo che sulla base dei dati attualmente a disposizione bere caffè non sia cancerogeno.

Al contrario, sembra che complessivamente ci possano essere benefici nel bere il caffè per quanto riguarda i tumori.

In che modo il caffè protegge dai tumori?

Il chicco di caffè, come altri prodotti di origine vegetale, contiene numerose sostanze tra cui diversi tipi di antiossidanti, che si ritiene abbiano un effetto protettivo contro il cancro. Ma oltre al contenuto di antiossidanti, sembra che il caffè abbia proprietà regolatorie sul sistema immunitario.

All’interno dei tumori, alcune aree sono meno ossigenate di altre. La mancanza di ossigeno, altera i processi metabolici delle cellule tumorale, portando all’accumulo di una molecola chiamata adenosina. L’adenosina può legarsi attraverso dei recettori sulla superficie di alcune cellule immunitarie, sopprimendone l’attivazione. Diversi studi hanno evidenziato l’importanza dell’adenosina nella strategia di sopravvivenza del tumore dimostrando che il blocco dei recettori dell’adenosina possa essere una strategia promettente nella terapia del cancro.

E’ stato visto che la molecola della caffeina può competere con l’adenosina per il legame ai suoi recettori (fonte). Studi di laboratorio hanno infatti dimostrato che la somministrazione di caffeina era in grado di ritardare la crescita tumorale proprio perché impediva la funzione inibitoria dell’adenosina sul sistema immunitario.

Numerosi studi epidemiologici sull’uomo hanno dimostrato che il consumo di caffè sia in generale associato ad un minor rischio di morte legato ai tumori e ad una minore probabilità di sviluppare alcuni tipi di tumore, come quello dell’utero, dell’endometrio (fonte), del fegato (fonte), del colon (fonte). Per altri tipi di tumore, invece, i dati disponibili sono stati giudicati insufficienti o inadeguati per stabilire una possibile connessione tra consumo di caffè e tumore. Il problema principale di alcuni di questi studi è stato il fatto che oltre al consumo di caffè non erano stati presi in considerazione alcuni parametri. Per esempio, era stato sottovalutato che molti soggetti associassero una tazza di caffè ad una sigaretta! Nel caso del tumore alla vescica, per esempio, le prime ricerche suggerivano che il caffè aumentasse il rischio di cancro, ma in seguito si scoprì che il vero fattore causale era il fumo.

In generale è emerso che i benefici maggiori si riscontravano in quelle persone che bevevano tra le 4 e le 6 tazze di caffè al giorno (parliamo tendenzialmente di studi condotti negli Stati Uniti, quindi di caffè americano!). Oltre questa quantità, al contrario, iniziano ad essere evidenti alcuni degli effetti della troppa caffeina, come inibizione del sonno, mal di testa, mal di pancia…

Quindi il caffè fa sempre bene alla prostata o no?

Nonostante si sia osservato che il caffè abbia dei benefici nella prevenzione e nell’andamento del tumore alla prostata, per le altre patologie che colpiscono quest’organo sembrano esserci effetti opposti.

Per gli uomini affetti da ingrossamento della prostataprostatite, un consumo costante di caffè può peggiorare i sintomi in quanto questo ingrediente irrita la vescica. Tutti questi sintomi e disturbi possono portare a doversi alzare la notte di continuo e favorire l’incontinenza.

Il caffè irrita la vescica precisamente perché aumenta la produzione di urina, quindi la vescica sarà piena in breve tempo e allo stesso tempo causa delle contrazioni di questo organo.

Per questo motivo, gli individui con la prostata ingrossata o affetti da infezioni o prostatite devono ridurre il più possibile il consumo di caffè. Sarebbe inoltre preferibile eliminarlo completamente dalla propria alimentazione almeno per alcuni periodi.

Va comunque sottolineato che, anche se la caffeina aumenta lo stato di irritazione della prostata, non ci sono prove sul fatto che ne possa essere la causa scatenante.

Quando si hanno problemi alla prostata “si dice” sempre di evitare il peperoncino o comunque di mangiare cibi piccanti o speziati.

Ma potremmo aver anche sentito una versione contrastante: il peperoncino fa bene alla prostata.

Quindi dove sta la verità? Il peperoncino fa bene o male alla prostata?

Il peperoncino è un ortaggio che contiene un’alta concentrazione di capsaicina, il principio attivo della “piccantezza”.

In alcuni studi di laboratorio (1) è stato visto che la capsaicina è in grado di rallentare la crescita di cellule di tumore alla prostata e in alcuni casi di provocarne la morte.

Gli scienziati della Nottingham University suggeriscono che la capsaicina sia in grado di uccidere le cellule tumorali perché attacca i mitocondri, gli organelli che producono energia al loro interno.

Altri studi, condotti in vivo su modelli animali (2; 3) hanno evidenziato la capacità della capsaicina nel rallentare la crescita di tumore alla prostata e diminuire la comparsa di metastasi.

Quali evidenze sul peperoncino in pazienti con tumore alla prostata?

I dati ottenuti in vitro e in modelli preclinici suggeriscono che la capsaicina possa effettivamente avere delle proprietà protettive verso un tumore alla prostata anche nell’uomo.

A questo proposito è stato stato disegnato uno studio clinico (4) di cui però ad oggi non sono disponibili ancora i risultati.

Ad oggi non è possibile quindi dire con certezza se la capsaicina faccia o meno bene nel combattere il tumore alla prostata nell’uomo.

Alcuni studi condotti in laboratorio su cellule di tumore alla prostata e (ancora poche) evidenze su pazienti hanno osservato che la capsaicina sia in grado di ridurre la produzione di PSA, suggerendo che questo elemento potrebbe influire con la validità del test del PSA.

Se vuoi conoscere come funziona il nostro innovativo test delle urine per il tumore alla prostata clicca QUI.

Quali sono i benefici del peperoncino sulla salute?

Il peperoncino in sé, come molti vegetali, contiene diversi tipi di vitamine (A, B, C, E…) e diverse sostanze ad azione antiossidante, quindi in grado di combattere i temibili radicali liberi. I benefici nel consumo di peperoncino sembrano essere più evidenti a carico del sistema cardiovascolare.

Se ci focalizziamo a livello della prostata, il peperoncino viene spesso definito “Viagra dei poveri” per via dell’effetto sulla disfunzione erettile, dal momento che, essendo un buon vasodilatatore, tende a fornire un aiuto appunto contro l’impotenza.

Allora perché si dice di evitare il peperoncino per la salute della prostata?

Il peperoncino, considerato da sempre un afrodisiaco, rientra però tra gli alimenti dannosi per la prostata. Le ragioni di questi effetti collaterali sembrano essere ascrivibili alla funzione stimolante sul sistema immunitario.

Un uso eccessivo di peperoncino tende quindi ad aumentare un’infiammazione già presente, come per esempio una prostatite (infiammazione della prostata).

In conclusione, si conoscono diversi benefici sulla salute dati dal consumo di peperoncino, ma bisogna comunque prestare attenzione a moderarne il consumo, soprattutto negli individui che già soffrono di irritazioni alla prostata, da una infiammazione ad un ingrossamento.

referenze:

  1. The pepper’s natural ingredient capsaicin induces autophagy blockage in prostate cancer cells
  2. Capsaicin reduces the metastatic burden in the transgenic adenocarcinoma of the mouse prostate model
  3. Capsaicin, a Component of Red Peppers, Inhibits the Growth of Androgen-Independent, p53 Mutant Prostate Cancer Cells
  4. CAPSAICIN Trial: Assessing Capsaicin as a Chemopreventive Agent for Prostate Cancer (CAPSAICIN)

Il legame tra bicicletta e problemi di prostata è sempre molto dibattuto. È noto che in sport come il ciclismo, l’equitazione o l’andare in moto, la prostata venga continuamente e ripetutamente sollecitata. Per il ciclismo è stato visto che la compressione è più localizzata rispetto agli altri sport “sedentari”, concentrando quindi le sollecitazioni nell’area adiacente alla prostata. Tuttavia, cambiando semplicemente la posizione di seduta o alzandosi dalla sella, gli effetti delle compressioni vengono quasi annullati.

Sulla correlazione tra bicicletta e patologie prostatiche le informazioni che si possono trovare nella letteratura scientifica sembrano essere in qualche modo discordanti.

Uno studio pubblicato qualche anno fa sulla rivista European Urology (fonte), ha cercato di fare una summa degli studi fatti a questo proposito e ha evidenziato come alcune patologie del sistema urogenitale fossero abbastanza frequenti nelle persone che abitualmente usavano la bicicletta.

Recentemente però, alcuni ricercatori dell’University College London Medical School hanno effettuato uno studio (fonte) in cui sono stati coinvolti un gruppo di uomini che praticava ciclismo e un gruppo che non faceva attività sportiva. Dopo mesi di osservazione hanno visto che non esiste nessuna correlazione tra l’uso della bicicletta e lo sviluppo di problemi alla prostata.

Da segnalare che seppur non ci fosse validità statistica, nel gruppo dei ciclisti si è riscontrata una percentuale di problemi prostatici maggiore di quella dei sedentari. Cosa vuol dire? Semplice: i ciclisti (come gli sportivi in generale) sono più attenti alla salute e si curano di più, si sottopongono più spesso a controlli medici e quindi la probabilità di scoprire patologie prostatiche è maggiore.

Ma quindi l’uso della bicicletta causa problemi alla prostata?

In definitiva sembrerebbe di no. Basta guardare il fatto che le patologie prostatiche non sono più frequenti nei ciclisti professionisti rispetto a quelli amatoriali. Anzi. Sembra addirittura il contrario! I problemi di prostata (come ingrossamento o infiammazione) sono una situazione abbastanza comune negli uomini sopra i 45–50 anni, per via lavori sedentari, stili di vita, ecc. E i ciclisti amatoriali hanno mediamente un’età superiore agli sportivi.

Non è quindi il caso di rinunciare alla bicicletta per evitare di andare incontro a problemi alla prostata. Una cosa utile può essere quello di valutare bene la posizione che teniamo sulla sella e la sella stessa.

Usando il tatto, nella zona dei glutei dovremmo riuscire a sentire delle protuberanze ossee del bacino, chiamate tuberosità ischiatiche. Se si è correttamente seduti sulla sella o, meglio, se la sella è adatta alla conformazione del nostro bacino, la zona perineale dovrebbe solo sfiorare la sella, senza appoggiarsi con tutto il peso, per non essere compressa.

Dato che la distanza fra le due tuberosità ischiatiche non è identica in tutti gli individui, non esiste una sella che sia adatta per tutti.

Provare la sella prima di acquistarla, esattamente come si fa per un vestito, è l’unico metodo che può aiutare alla scelta più idonea alla propria esigenza.

Ma non fatevi ingannare: una sella morbida non è quasi mai una scelta corretta. La sella deve essere rigida e indeformabile per essere adatta alla propria conformazione.

Un’opzione più costosa è l’acquisto di una bicicletta reclinata, che viene guidata in posizione reclinata e mette meno pressione sul perineo.

Andare in bici altera il test del PSA

L’uso della bicicletta non va invece d’accordo con gli esami diagnostici che vengono eseguiti per monitorare la salute della prostata, nello specifico il test del PSA.

Il PSA è una molecola fisiologicamente prodotta dalla prostata che in condizioni normali si trova in piccole quantità nel sangue. Il valore del PSA nel sangue può aumentare a causa di ogni perturbazione patologica di quest’organo, da un tumore alla prostata a una prostatite, ma anche in seguito ad una sollecitazione, come l’utilizzo della bicicletta, in quanto la sella può fare pressioni sulla prostata.

Per questo motivo viene sempre richiesto di astenersi dall’utilizzo della bicicletta qualche giorno prima di eseguire questo test, per non avere dei risultati sospetti anche in assenza di una malattia.

In conclusione, l’uso prolungato della bicicletta non sembra quindi essere la causa dei problemi di prostata, ma è molto probabilmente qualcosa da evitare se questi problemi ci sono già.

Il consiglio è quello di effettuare dei controlli saltuari della prostata già a partire dai 40 anni e non sottovalutare i segnali che il nostro ci manda, soprattutto quando pratichiamo attività fisica.

Sono molte le evidenze scientifiche a suggerire che fare sesso possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Da uno studio pubblicato nel 2016 sulla prestigiosa rivista European Urology sembrerebbe emergere che frequenti eiaculazioni (sia per rapporti sessuali sia attraverso masturbazione) possano ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata. Circa 32.000 uomini sono stati seguiti per quasi 20 anni e a 4.000 di questi nel tempo è stato diagnosticato un tumore alla prostata.

E’ stato osservato che gli uomini che intorno ai 20 anni di età avevano eiaculazioni più frequenti (almeno 21 eiaculazioni al mese) avevano il 19% di probabilità in meno di sviluppare un tumore alla prostata rispetto agli uomini che eiaculavano meno di sette volte al mese.

Allo stesso modo, gli uomini 40enni che eiaculavano più spesso avevano il 22% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di cancro alla prostata, rispetto agli uomini con meno eiaculazioni al mese.

Attenzione alle infezioni

In un secondo studio emerge un altro aspetto interessante: gli uomini con un numero più alto di partner hanno un rischio aumentato di sviluppare un tumore alla prostata.

Questo risultato che sembra andare in contrasto con il precedente trova in realtà una spiegazione molto semplice: avere un’attività sessuale con più partner espone ad un maggior rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

Diversi studi hanno evidenziato come per esempio l’infiammazione causata dalla gonorrea possa essere in grado di facilitare lo sviluppo del tumore della prostata.

L’attività sessuale migliora la qualità della vita

Non è ancora del tutto chiaro quale sia il meccanismo alla base dei benefici del sesso come prevenzione del tumore alla prostata. Sembrerebbe però essere dovuto al fatto che venga costantemente mantenuta una buona funzionalità dell’organo e che con lo svuotamento periodico delle vie seminali si espellano eventuali agenti patogeni, riducendo quindi la possibilità di sviluppare infezioni.

I meriti di una eiaculazione frequente attraverso il sesso o la masturbazione derivano anche da altri fattori che contribuiscono a un migliore stile di vita.

Sembra inoltre che una buona attività sessuale possa aiutare ad abbassare la pressione arteriosa e ad avere una migliore qualità del sonno. Oltre a bruciare calorie, la produzione di testosterone collegata all’attività sessuale rafforza ossa e muscoli, mentre la produzione di endorfine abbassa i livelli di stress.

Le patologie della prostata possono invece influenzare negativamente la vita sessuale di chi ne soffre, causando problemi come disfunzione erettileo eiaculazione precoce.

Da questo punto di vista, il sesso non serve solo a stare bene, ma viceversa alcuni problemi che interessano la sfera sessuale possono essere una spia di qualche problema più importante, anche alla prostata.

Attività sessuale e test del PSA non vanno d’accordo

I valori di PSA nel sangue possono aumentare in seguito ad una qualsiasi sollecitazione della prostata.

Prima di effettuare questo test nel percorso diagnostico del tumore alla prostata viene infatti richiesto di evitare alcune attività che stimolano la prostata e quindi potrebbero alterare il risultato del test del PSA.

E’ infatti richiesto di astenersi da avere rapporti sessuali o eiaculazioni (quindi anche tramite masturbazione) nei due o tre giorni precedenti il prelievo.

Non si può!

Purtroppo non esiste una strategia comprovata di prevenzione del tumore alla prostata. Tuttavia è possibile ridurre il rischio di svilupparlo agendo sul proprio stile di vita, facendo scelte sane, come fare esercizio e seguire una dieta equilibrata.

Il tumore alla prostata è la malattia oncologica più diffusa negli uomini. Colpisce mediamente 1 uomo su 8 nell’arco della vita ed è quindi normale essere interessati a come poterlo prevenire.

Non esiste però un modo sicuro per prevenire il tumore alla prostata. I risultati degli studi prodotti fino ad oggi sono in alcuni casi contrastanti e spesso non sono disegnati appositamente per cercare di dimostrare se qualcosa sia in grado di farlo.

In generale, i medici raccomandano che gli uomini con un rischio maggiore della media di sviluppare un tumore alla prostata facciano scelte a beneficio della loro salute generale, se sono veramente interessati alla prevenzione.

Mantieni un peso nella norma

Gli uomini obesi, con un indice di massa corporea (BMI) di 30 o superiore, hanno un rischio aumentato di sviluppare un tumore alla prostata.

Se sei in sovrappeso o obeso, cerca di perdere peso. Puoi farlo riducendo il numero di calorie che introduci ogni giorno con l’alimentazione e aumentando la quantità di esercizio fisico che fai.

Se hai un peso nella norma lavora per mantenerlo esercitandoti quasi tutti i giorni della settimana e scegliendo una dieta sana ricca di frutta, verdura e cereali integrali.

Fai esercizio più volte a settimana

Gli studi sul rischio di tumore alla prostata hanno dimostrato principalmente che gli uomini che praticano esercizio fisico possono avere un rischio ridotto di sviluppare la malattia.

L’esercizio ha molti altri benefici per la salute e può ridurre il rischio di malattie cardiache e altri tumori. L’esercizio fisico può aiutarti a mantenere il tuo peso o può aiutarti a perdere peso.

Se non ti alleni già, prendi un appuntamento con il tuo medico per assicurarti che sia giusto iniziare. Quando inizi a fare esercizio, procedi lentamente. Aggiungi attività fisica alla tua giornata parcheggiando l’auto più lontano da dove stai andando e prova a prendere le scale invece dell’ascensore.

Cerca di fare 30 minuti di esercizio quasi tutti i giorni della settimana.

Sembra inoltre che un’intensa attività sessuale possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Parla con il tuo medico del tuo rischio

Alcuni uomini hanno un aumentato rischio di sviluppare un tumore alla prostata. Per quelli con un rischio molto elevato potrebbero esserci alcune opzioni per cercare di ridurlo.

Se pensi di avere un alto rischio di tumore alla prostata, non aspettare di accusare dei sintomi, ma parlane con il tuo medico.

referenza: Nutrition, physical activity, and lifestyle factors in prostate cancer prevention