La biopsia prostatica da male?

Il tumore alla prostata è la malattia oncologica più diffusa nel sesso maschile e ad oggi l’unico metodo per effettuare una diagnosi è la biopsia prostatica.

La biopsia della prostata è una procedura in cui tramite un ago vengono prelevati piccoli campioni di tessuto dalla ghiandola, chiamati frustoli. I campioni prelevati vengono esaminati al microscopio da un medico anatomo-patologo per verificare la presenza di cellule tumorali. Nel caso in cui siano presenti cellule tumorali il patologo dovrà anche verificare quanto siano trasformate rispetto ad una cellula sana, per determinare una probabile aggressività della malattia.

Attualmente l’indicazione a sottoporsi ad una biopsia prostatica dipende da diversi fattori, che devono essere messi in relazione dal medico urologo.

In base all’età, al valore del PSA, all’esito della visita urologica e dell’esplorazione rettale ed eventualmente della risonanza magnetica multiparametrica il medico potrà definire se il suo paziente necessiti di effettuare una biopsia per confermare o meno il sospetto di un tumore alla prostata.

Preparazione alla biopsia prostatica

La biopsia prostatica, come tutte le procedure chirurgiche, richiede un’attenta preparazione del paziente.

Gli esami ematochimici e nello specifico la valutazione della coagulazione devono essere eseguiti prima della biopsia, per valutare il rischio di sanguinamento durante e dopo la procedura. Nel caso di pazienti che assumono una terapia antiaggregante (come la Cardioaspirina) o una terapia anticoagulante, questa andrebbe sospesa diversi giorni prima dalla biopsia e ripristinata a distanza di almeno 12 ore dal termine della procedura.

Nel caso di pazienti con patologie sistemiche ed elevato rischio trombotico, si richiede una consulenza specialistica che identifica il trattamento più appropriato.

Esiste inoltre il rischio di infezioni, che viene affrontato assumendo una terapia antibiotica solitamente a partire dalle 24 ore precedente alla biopsia fino a qualche giorno dopo.

Come viene eseguita la biopsia?

La biopsia prostatica viene eseguita in regime ambulatoriale e più spesso di day-hospital, per monitorare il paziente nel caso in cui dovessero presentarsi complicanze precoci.

Il paziente viene posizionato su un fianco con gambe piegate oppure supino a gambe divaricate.

Il medico procede con l’esplorazione digito-rettale e introduce una sonda ecografica trans-rettale; con l’ecografia si individuano le aree sospette in cui andare a prelevare i campioni di tessuto con l’ago.

Recentemente grazie alla tecnologia della risonanza magnetica è stata introdotta la biopsia a fusione di immagini (o biopsia fusion, o biopsia mirata) che permette di fondere insieme i risultati di risonanza ed ecografia permettendo di andare a prelevare i campioni nelle aree altamente sospette, riducendo il rischio di falsi negativi.

Solitamente vengono prelevati 12 campioni bioptici ed inviati immediatamente dopo ai laboratori di anatomia patologica per effettuare l’analisi del tessuto.

La biopsia prostatica fa male?

Il prelievo dei campioni di tessuto richiede circa 20 minuti e viene eseguito in anestesia locale per renderla indolore.

Anche con l’anestesia è possibile avvertire un leggero dolore sia durante la procedura sia in seguito, che può essere controllato con una terapia analgesica, come il paracetamolo.

Subito dopo la procedura è possibile accusare sintomi come malessere generalizzato, astemia, nausea, tachicardia. Nei giorni seguenti è possibile che salga la febbre, si continui ad avvertire dolore o che si osservino sangue nelle urine, nello sperma o nelle feci.

Questi ultimi sono sintomi normali in seguito alla procedura, ma è opportuno contattare il proprio medico se questi dovessero protrarsi nel tempo.

Possibili effetti collaterali

In circa il 10% dei casi è possibile che in seguito alla biopsia prostatica si manifestino delle complicanze anche gravi.

Tra queste:

  • Emorragia
  • Infezione
  • Ritenzione urinaria
  • Problemi di erezione (transienti)

In questi casi sarà necessario un ricovero presso il reparto specifico in base al problema.

fonti: AIRC

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