Il concetto di Sorveglianza Attiva sta emergendo sempre di più come una valida opzione per gli uomini che decidono di non sottoporsi a un trattamento radicale immediato per il tumore alla prostata, quali chirurgia o radioterapia.

La sorveglianza attiva si basa sul concetto che è alcuni tipi di tumore alla prostata, definiti a “basso rischio”, hanno una bassa probabilità di evolvere in una malattia aggressiva e quindi ridurre l’aspettativa di vita.

Oltre il 30% degli uomini con un tumore alla prostata ha una malattia a crescita così lenta che gli effetti collaterali di un trattamento radicale sono di gran lunga maggiori rispetto ai benefici.

Tra i 10 tumori più comuni, il tumore alla prostata è l’unico in cui così tanti pazienti hanno una malattia a crescita lenta che non giustifica un trattamento immediato aggressivo.

Ma attenzione: la sorveglianza attiva non è un “non trattamento”, ma piuttosto una strategia per curarti solo se e quando il tuo tumore alla prostata richiede effettivamente un trattamento.

Può sembrare controintuitivo dire che un paziente ha un tumore e la cosa migliore è sedersi e aspettare. Ma gli studi dimostrano che gli uomini con tumore alla prostata a basso rischio che sono stati in sorveglianza attiva per 10-15 anni dopo la diagnosi hanno tassi notevolmente bassi di diffusione della malattia o di morte per tumore alla prostata.

In effetti, uno studio della Johns Hopkins sugli uomini in sorveglianza attiva ha scoperto che meno dell’1% degli uomini ha sviluppato una malattia metastatica in 15 anni di monitoraggio. Questo è estremamente importante perché i trattamenti utilizzati per il tumore alla prostata localizzato – chirurgia e radioterapia – hanno effetti collaterali che possono alterare la qualità della vita di una persona.

La chiave del successo della sorveglianza attiva è ovviamente un monitoraggio regolare per intervenire tempestivamente in presenza di segni di progressione.

Chi può considerare una sorveglianza attiva?

I pazienti che possono prendere in considerazione la sorveglianza attiva in seguito ad una diagnosi di tumore alla prostata devono ovviamente avere una malattia localizzata a basso rischio di progressione.

In linea generale le caratteristiche del tumore per essere considerato un candidato a questo tipo di approccio devono essere :

  • una diagnosi istologica con un Gleason score massimo di 6 (indicato come 3+3) o, solo per un’età maggiore di 70 anni, di 7 (indicato come 3+4);
  • di tutti i prelievi bioptici, solo 1 o 2 devono essere risultati positivi per tumore della prostata;
  • avere un valore di PSA nel sangue uguale o inferiore a 10 ng/ml;
  • avere un tumore di piccole dimensioni che non superi la capsula che riveste la prostata, definito come stadio T1c o T2a;

Sorveglianza o terapia: la scelta è sempre del paziente

Ai pazienti con nuova diagnosi di tumore della prostata localizzato a basso rischio di progressione vengono fornite informazioni sui vari tipi di trattamento ad oggi disponibili.

Il paziente opportunamente informato viene invitato a discuterne con il proprio medico e con persone di sua fiducia, e potrà quindi scegliere spontaneamente se entrare nel programma di sorveglianza attiva oppure se ricorrere ad un trattamento chirurgico o radioterapeutico, ovviamente se appropriato alla specifica situazione.

La sorveglianza attiva in Italia

In Italia sono attivi alcuni protocolli di sorveglianza attiva a cui è possibile partecipare.

In diverse parti del nostro paese è attivo lo studio PRIAS promosso dalla società di urologia SIURO, mentre in Piemonte e Valle d’Aosta è attivo il reclutamento per lo studio START.

Si tratta di studi “osservazionali” perché non prevedono sperimentazione di farmaci o nuove tecnologie. Consistono esclusivamente nella raccolta di informazioni relative allo stato di salute del paziente nel corso del tempo, qualunque sia il trattamento a cui deciderà di sottoporsi tra le diverse opzioni possibili.

In particolare vengono raccolte informazioni sulla qualità di vita del paziente, attraverso semplici questionari da compilare all’inizio del trattamento e poi periodicamente in occasione delle abituali visite di controllo, in cui oltre al controllo dei valori di PSA e all’esame obiettivo possono essere effettuati esami per immagini, come una risonanza magnetica multiparametrica.