La diagnosi precoce dei problemi alla prostata è la chiave per ridurre al minimo il rischio di sviluppare problemi seri.

E questo vale sia per un tumore alla prostata sia per l’iperplasia prostatica benigna sia per le malattie infiammatorie come la prostatite.

Iniziamo dicendo che stando alla statistiche che dopo i 50 anni di età 1 uomo su 8 può sviluppare un tumore alla prostata e che 8 uomini su 10 avranno problemi di ingrossamento della prostata.

Per questo motivo a partire dai 50 anni, o prima se ci sono stati casi di patologie in famiglia, è caldamente raccomandato di iniziare ad effettuare degli esami e delle visite di controllo per misurare la salute della prostata.

Non bisogna infatti aspettare di accusare dei sintomi, come problemi di minzione o di erezione per riferirsi ad uno specialista, perché come si dice da anni “prevenire è meglio che curare”.

Il medico specializzato nelle patologie del sistema uro-genitale è l’urologo e gli esami più comuni per valutare la presenza di patologie a carico della prostata sono la valutazione nel sangue del PSA, l’esplorazione digito-rettale (DRE), l’ecografia prostatica trans-rettale, la risonanza magnetica multiparametrica.  

In presenza di determinate evidenze potranno essere richiesti ulteriori esami, per identificare se sia presente una malattia infettiva, infiammatoria, un ingrossamento oppure un tumore.

Non ci sono dubbi sul fatto che la diagnosi precoce di una patologia alla prostata ed un tempestivo intervento su di essa sia fondamentale per evitare di sviluppare delle complicazioni importanti. Tuttavia va ricordato quanto oggi sia alto il rischio di sovra-trattamento, soprattutto quando si parla di tumore alla prostata.

L’esame cardine per la diagnosi precoce di questa malattia è il test del PSA, misurato con un semplice esame del sangue. Ma da molti anni ormai si discute sulla sua utilità come esame preliminare per il tumore alla prostata per via dell’alto numero dei risultati falsamente positivi e delle malattie clinicamente irrilevante che vengono identificate.

L’utilità del test del PSA nel percorso diagnostico del tumore alla prostata è stata messa in forte discussione, già dal suo stesso scopritore nel libro “Il grande inganno della prostata”.

E’ stato visto come in seguito al test del PSA vengano attivate molte procedure non solo inutili, ma addirittura controproducenti, in quanto generano dei costi di sanità pubblica e sono fonte di ansie, preoccupazioni e possibili complicanze post-intervento per il paziente.

Sottoporsi ad esami e visite di controllo periodiche è di fondamentale importanza, ma è sempre bene conoscere quali sono i limiti delle attuali procedure diagnostiche per effettuare delle scelte consapevoli riguardo alla propria salute.

Ad oggi non esistono ancora degli esami di screening per il tumore alla prostata, come per il tumore alla mammella o al colon (vedi https://www.osservatorionazionalescreening.it).

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L’iperplasia benigna della prostata (IPB) è una patologia molto comune negli uomini sopra i 50 anni di età.

Purtroppo non si conoscono ancora le cause, ma è certo che siano implicati dei cambiamenti a livelli ormonale. Con l’avanzare dell’età, infatti, la prostata tende fisiologicamente a modificare la propria consistenza e volume in risposta allo squilibrio tra gli ormoni androgeni ed estrogeni.

Nella prostata, il principale ormone androgeno, il testosterone, viene convertito da parte dell’enzima 5-alfa reduttasi (5AR) in diidrotestosterone (DHT), il principale ormone implicato nello sviluppo e nel mantenimento dell’iperplasia prostatica.

Il trattamento d’elezione per questa patologia, infatti, prevede l’utilizzo di farmaci che hanno la funzione di inibire 5AR, portando ad una diminuzione del volume prostatico e di conseguenza dei sintomi ostruttivi (difficoltà ad iniziare la minzione, flusso debole, interruzione del getto, sgocciolamento a fine minzione) che caratterizzano l’ingrossamento della prostata.

La dutasteride e finasteride sono due principi attivi contenuti nei principali farmaci utilizzati per il trattamento dell’iperplasia benigna, ma come ogni farmaco possiedono anche degli effetti collaterali.

Per il finasteride esiste addirittura una patologia specifica, chiamata appunto Sindrome post-finasteride, rilevata principalmente negli uomini che utilizzano questo farmaco contro la calvizie.

Negli ultimi anni il ricorso a trattamenti più naturali è diventato sempre più popolare. Nel caso dell’iperplasia prostatica benigna la Serenoa Repens è sicuramente la sostanza più conosciuta e utilizzata, che ha visto la messa sul mercato di un gran numero di integratori contenenti estratti di questa pianta.

Studi in vitro hanno dimostrato che la Serenoa repens è un inibitore della 5-alfa-reduttasi (fonte) sostenendo il suo utilizzo per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna.

Inoltre, alcuni studi hanno riportato che la Serenoa repens combinata con altri composti (come il selenio e il carotenoide licopene) agirebbe ​​promuovendo un equilibrio ottimale tra ossidanti/antiossidanti, con significativi effetti benefici sull’iperplasia. Alcuni studi hanno anche riportato che l’assunzione di Serenoa repens per 3 mesi può migliorare i sintomi del basso tratto urinario dei pazienti.

Inoltre la Serenoa repens sembra avere un minore impatto sulla funzione erettile dei pazienti rispetto ai farmaci, come la tamsulosina.

In definitiva, incrociando i risultati di diversi studi clinici randomizzati la Serenoa Repens risulta come un buon elemento per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna.

Tuttavia bisogna sempre tenere in considerazione che la serenoa repens è un composto naturale la cui qualità può variare a seconda dell’ambiente di crescita della pianta o della tecnica di estrazione.

Allo stesso tempo, è necessario ricordare che diversi gruppi etnici possono avere una diversa tolleranza ai farmaci e alle sostanze.

E’ quindi necessario uno studio randomizzato di alta qualità ad hoc per avere un risultato scientificamente più attendibile.

L’obesità negli uomini aumenta la probabilità di sviluppare un tumore alla prostata, ma soprattutto di sviluppare un tumore alla prostata aggressivo rispetto agli uomini in normopeso.

Questo è quanto riportato nel 2020 dalla rivista Annals Oncology (fonte). L’accumulo di grasso viscerale (il tipo nascosto che si trova in profondità nell’addome e circonda gli organi principali) e il grasso sottocutaneo nelle cosce (che si trova appena sotto la pelle) sono entrambi associati a una maggiore possibilità di sviluppare un tumore alla prostata aggressivo ed una maggiore mortalità per questa malattia.

In questo studio sono stati reclutato più di 1.800 uomini senza tumore (età media 76 anni) e hanno misurato il loro grasso addominale e della coscia, il girovita e dell’indice di massa corporea (BMI), una misura dell’obesità basata sull’altezza e sul peso di una persona.

Dopo circa 10 anni, 170 uomini hanno sviluppato un tumore alla prostata. Quelli con un girovita e un BMI più alti avevano maggiori rischi di tumore aggressivo e fatale.

Un’altra scoperta interessante è stata che la connessione tra grasso viscerale e tumore aggressivo e fatale era più forte tra gli uomini con un BMI inferiore. Ciò implica che anche gli uomini con un BMI normale possono ancora essere ad alto rischio di tumore alla prostata aggressivo a seconda di dove hanno l’accumulo di grasso.

Questi risultati possono aiutare a identificare gli uomini che hanno maggiori probabilità di sviluppare un tumore alla prostata aggressivo, sottolineando inoltre l’importanza di mantenere un peso nella norma come parte della prevenzione e della gestione complessiva del tumore alla prostata.

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Purtroppo non esiste niente che possa garantire di non sviluppare con sicurezza una malattia. C’è sempre una probabilità di rischio, che però può essere ridotta con qualche semplice accortezza sul nostro stile di vita.

Ecco alcuni suggerimenti per mantenersi in salute e ridurre il rischio di sviluppare problemi alla prostata:

10 TRUCCHI PER LA SALUTE DELLA PROSTATA

Sappiamo ormai tutti che fumare è una pessima abitudine, per la nostra salute a 360 gradi, ma è bene ricordarsi che, se si ha un tumore alla prostata, quella del fumo è un’abitudine che fa male a diversi livelli.

In seguito ad una diagnosi di tumore della prostata spesso ci si concentra tanto sul combattere la malattia da perdere di vista i fattori di contorno che potrebbero cambiare la vita dei pazienti, compresa la risposta alle terapie alle quali sono stati sottoposti.

Gli studi che hanno valutato l’associazione del fumo di sigaretta con l’incidenza e l’aggressività del tumore alla prostata hanno dato risultati controversi.

Una recente ricerca pubblicata sulla rivista JAMA Oncology ha esaminato e analizzato sistematicamente l’associazione tra l’abitudine al fumo di sigaretta e il verificarsi di recidiva, metastasi e mortalità  tra i pazienti con tumore prostatico localizzato sottoposti a prostatectomia radicale primaria o a radioterapia.

FUMARE DURANTE LE TERAPIE: COSA DICE LA RICERCA

La revisione sistematica e meta-analisi ha incluso 11 studi, osservazionali e non randomizzati, per un totale di 22.549 pazienti, che presentavano carcinoma prostatico, sottoposti a prostatectomia radicale primaria o radioterapia. Complessivamente, ben 4202 pazienti (18,6%) erano fumatori.

Dall’analisi è emerso che sia i fumatori al tempo della terapia, sia gli ex-fumatori avevano un rischio statisticamente più alto di sviluppare una recidiva biochimica rispetto a chi non aveva mai fumato.

Inoltre i fumatori, ma non gli ex-fumatori, erano anche a più alto rischio di metastasi e mortalità dovuta al tumore prostatico.

I dati parlano chiaro: coloro che fumavano nel momento in cui sono stati sottoposti alle terapie per il carcinoma prostatico localizzato avevano un rischio significativamente maggiore di recidiva, metastasi e mortalità specifica per cancro.

Si tratta di risultati importanti che dovrebbero incoraggiare gli oncologi, gli urologi e i radiologi a consigliare ai pazienti di smettere di fumare, dato il rischio di esiti significativamente peggiori associati al fumo.

Oggi il trattamento principale per il tumore alla prostata è rappresentato dalla prostatectomia radicale, ovvero la rimozione chirurgica della prostata. Questo trattamento è in alcuni casi seguito da una radioterapia per eliminare eventuali cellule tumorali residue.

In alternativa, gli uomini possono scegliere di ritardare la radioterapia ed essere monitorati per controllare la ripresa o la ricomparsa della malattia, tramite la misurazione nel sangue del PSA o tecniche diagnostiche per immagini (come la risonanza magnetica).

Secondo i risultati di dello studio RADICALS-RT pubblicata sulla rivista The Lancet non è chiaro se ci sia una vantaggio nell’eseguire una radioterapia subito dopo l’intervento oppure solo alla ricomparsa di una malattia residua.

Dal momento che alcuni uomini non avranno probabilmente bisogno della radioterapia, ciò significa che rinunciando a un trattamento immediato, possono evitare potenziali effetti collaterali come incontinenza e problemi intestinali.

Questa evidenza è il risultato di tre studi randomizzati, che hanno coinvolto più di 2.000 uomini che avevano subito una prostatectomia radicale.

L’analisi ha mostrato che non ci sono state differenze nella comparsa di recidive di tumore alla prostata entro cinque tra i pazienti che hanno ricevuto una radioterapia subito dopo l’intervento chirurgico rispetto ai pazienti che l’hanno ricevuta solo dopo la ricomparsa di alti valori di PSA.

Lo studio RADICALS-RT non ha mostrato alcun beneficio per la radioterapia adiuvante, post-chirurgia, rispetto a una politica di radioterapia di salvataggio per la progressione biochimica del PSA; tuttavia, la radioterapia adiuvante aumenta il rischio di sviluppare problemi minzionali, disfunzioni erettili e problemi intestinali.

In assenza di prove affidabili che la radioterapia adiuvante faccia più bene che male, l’osservazione con il trattamento di salvataggio per la progressione biochimica del PSA dovrebbe essere l’attuale standard di cura dopo la prostatectomia radicale.

Affrontare i problemi alla prostata non è mai facile. In alcuni casi anche i trattamenti più consolidati non sono sempre particolarmente efficaci e si potrebbe optare per rimedi più naturali, come erbe e integratori.

Ma è necessario utilizzarli con cautela e consultare sempre il proprio medico prima di assumere qualsiasi sostanza.

Negli Stati Uniti ormai circa un terzo degli uomini con tumore alla prostata utilizza almeno una forma di terapia di medicina complementare, comprese erbe e integratori.

Alcuni studi hanno suggerito che erbe e integratori potrebbero aiutare il trattamento del tumore alla prostata, ma la preoccupazione principale è che alcune erbe e integratori possono interagire tra loro o con i farmaci prescritti.

Ad esempio, possono aumentare gli effetti di alcuni farmaci o inibirne i benefici.

Una delle interazioni più comuni coinvolge erbe come l’iperico (Hypericum perforatum, o erba di San Giovanni) che agiscono sul fegato agendo sugli enzimi del citocromo P450, che metabolizzano i farmaci.

Altre erbe, come la Serenoa repens (o saw palmetto) che ormai moltissimi uomini assumono per l’iperplasia prostatica benigna e integratori di melatonina possono aumentare il rischio di sanguinamento se assunti con altri farmaci come aspirina, ibuprofene, naprossene, anticoagulanti o farmaci antipiastrinici.

Un altro problema è che non esistono studi sul fatto che erbe e integratori possano proteggere dal tumore alla prostata o rallentarne la crescita.

Uno degli studi più pubblicizzati sugli integratori e sul tumore alla prostata è lo studio SELECT (Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial), che ha esplorato l’uso di vitamina E e integratori di selenio.

Studi preliminari suggerivano che entrambi avessero la capacità di ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata nell’uomo. Tuttavia, i risultati dello studio SELECT, pubblicati nel 2011 su JAMA, hanno rilevato che gli uomini che assumevano integratori di vitamina E avevano un rischio maggiore del 17% di tumore alla prostata rispetto agli uomini che assumevano un placebo (fonte).

Nel 2014, i ricercatori, utilizzando i dati dello studio SELECT, hanno scoperto che alte dosi di vitamina E (400 unità internazionali al giorno) o selenio (200 microgrammi al giorno) non solo non apportano alcun beneficio agli uomini a rischio di tumore alla prostata, ma in alcuni casi rappresentavano un pericolo (fonte). Ad esempio, gli uomini che assumevano già selenio ad alte dosi prima dello studio hanno avuto una probabilità aumentata di sviluppare un tumore alla prostata dopo aver assunto altro selenio. Inoltre, negli uomini con bassi livelli di selenio, l’integrazione di vitamina E ha aumentato il rischio totale di tumore alla prostata del 63% e ha aumentato il rischio di cancro di alto grado del 111%.

La linea di fondo è che le erbe e gli integratori non fanno miracoli e, sebbene possano portare benefici ad alcuni uomini con malattie della prostata, è sempre necessario consultare il medico per sapere se possono supportare il proprio specifico trattamento.

I disturbi della sessualità sono molto spesso correlati a problemi alla prostata.

In passato, si pensava che la maggior parte dei casi di disfunzione erettile fosse di origine psicologica, il risultato di ansia da prestazione o stress. Sebbene questi fattori possano causare una disfunzione erettile, oggi si pensa che il 70% delle volte il problema possa essere ricondotto a una condizione fisica che limita il flusso sanguigno, ostacola il funzionamento dei nervi o entrambi.

Tali condizioni includono diabete, malattie renali, sclerosi multipla, aterosclerosi, malattie vascolari e alcolismo.

Tuttavia, le patologie che colpiscono la prostata possono essere direttamente responsabili dei problemi alla sfera sessuale maschile.

Ma quali sono le funzioni della prostata?

La funzione della prostata è quella di produrre ed secerner il liquido seminale, uno dei costituenti dello sperma, che contiene diversi elementi come proteine, zuccheri, sali minerali, necessari a favorire la sopravvivenza e la funzionalità degli spermatozoi.

La prostata svolge anche un ruolo nel controllare il flusso di urina. La prostata è attraversata dall’uretra e circonda questo canale con delle fibre muscolari che contraendosi rallentano o chiudono il flusso dell’urina dalla vescica verso l’esterno.

Intorno alla prostata scorrono inoltre due fasci di nervi che raggiungono il pene e ne controllano l’erezione.

Quali patologie della prostata possono influire sulla sessualità?

Tumore alla prostata

Una comparsa improvvisa di disfunzione erettile può essere un segno che un uomo ha un tumore alla prostata, che si è diffuso ai nervi e alle arterie necessari per l’erezione.

L’impatto più grosso sulla funzionalità sessuale è dato dalle terapie per questa patologia.

La chirurgia per il tumore alla prostata può recidere alcuni dei nervi o delle arterie necessari per l’erezione. Per gli uomini sottoposti a prostatectomia radicale (asportazione della ghiandola prostatica), le sti

me di quanti uomini riacquisteranno la capacità di avere erezioni variano ampiamente, dal 25% all’80%. Anche le cosiddette tecniche chirurgiche “nerve-sparing” (che risparmiano i nervi) portano alla disfunzione erettile fino alla metà di tutti i casi.

I risultati dipendono da variabili come l’età del paziente, l’abilità del chirurgo e la posizione del tumore (se un tumore è troppo vicino al fascio nervoso, i nervi non possono essere risparmiati). Anche quando i nervi non sono permanentemente compromessi, possono essere necessari dai sei ai 18 mesi perché le minuscole fibre nervose si riprendano dal trauma della chirurgia e ripristinino la funzione sessuale.

La radioterapia per il tumore alla prostata può danneggiare i tessuti erettili. Sia la radiazione a fascio esterno sia la brachiterapia (radioterapia localizzata internamente alla ghiandola) portano alla disfunzione erettile in circa la metà degli uomini che ricevono queste terapie. Tuttavia, questi effetti collaterali potrebbero non verificarsi fino a due anni dopo il trattamento.

La disfunzione erettile è talvolta un effetto collaterale di alcuni farmaci per la terapia ormonale prescritti per gli uomini con tumore alla prostata che si è diffuso al di fuori della ghiandola. Tra questi farmaci a base di ormoni ci sono leuprolide (Lupron) e goserelin (Zoladex). Altri, come la flutamide (Eulexin) e la bicalutamide (Casodex) possono causare la disfunzione erettile in misura minore.

Iperplasia prostatica benigna

Molti uomini che soffrono di iperplasia prostatica benigna (IPB), o ingrossamento della prostata, sviluppano anche disfunzione erettile e problemi eiaculatori. Sebbene l’IPB non sia di per sé la causa di questa condizione, alcuni dei trattamenti utilizzati per l’IPB possono farlo. Ad esempio, la finasteride (Proscar), un farmaco antitestosterone prescritto per l’IPB, è stata collegata alla disfunzione erettile nel 3,7% degli uomini che la usano e alla diminuzione della libido nel 3,3%. Ma gli alfa-bloccanti come la terazosina (Hytrin), la tamsulosina (Flomax) e la doxazosina (Cardura) possono migliorare i sintomi dell’IPB con un minor rischio di effetti collaterali sessuali. La resezione transuretrale della prostata, una tecnica chirurgica spesso utilizzata quando i farmaci falliscono, causa anche disfunzione erettile in una piccola percentuale di uomini.

Disturbi ormonali

Poiché il testosterone aiuta a stimolare il desiderio sessuale, si potrebbe presumere che bassi livelli di ormone siano la causa della disfunzione erettile. È vero che quando la carenza di ormoni è un fattore di disfunzione erettile, anche il desiderio sessuale ne risente. E secondo alcune stime, il 10%-20% degli uomini con disfunzione erettile presenta anomalie ormonali.

La causa ormonale più comune della disfunzione erettile è l’ipogonadismo o i testicoli che non producono abbastanza testosterone.

Prostatite

La prostatite è una infiammazione della ghiandola prostatica che può essere acuta (di solito causata da un’infezione batterica) o cronica (di solito non causata da un agente infettivo). I sintomi includono dolore durante la minzione, minzione più frequente e, talvolta, una secrezione dal pene o febbre. La prostatite grave può causare direttamente la disfunzione erettile. Nelle forme più lievi, la prostatite può causar una eiaculazione dolorosa, che può certamente interferire con il piacere sessuale e può portare a disfunzione erettile. Il medico può prescriverle degli antibiotici per trattare il problema, ma possono essere necessarie diverse settimane prima che l’infezione si risolva e che le normali erezioni ritornino.

Parlane con il medico

E’ sempre meglio non sottovalutare i sintomi che si avvertono alla prostata o comunque all’apparato utogenitale.

Un intervento tempestivo può permettere di curare in maniera efficace la patologia e quindi evitare di andare incontro a problemi alla sessualità per che possono avere ripercussioni anche sulla sfera psicologica.

Il tumore alla prostata è la malattia oncologica più diffusa nell’uomo, soprattutto con l’aumentare dell’età.

Generalmente il tumore progredisce molto lentamente e nelle prime fasi del suo sviluppo rimane confinato alla prostata.

Per questo motivo la sintomatologia iniziale è molto scarsa e solitamente sovrapponibile con l’iperplasia prostatica benigna, molto comune negli uomini sopra i 50 anni, oppure una prostatite, più comune nella fascia d’età sotto ai 50 anni.

Tuttavia, in alcuni casi un tumore alla prostata può crescere rapidamente e diventare molto aggressivo, motivo per cui è buona regola sottoporsi a visite di controllo periodiche a partire da una certa età, soprattutto se in famiglia ci sono stati altri casi di malattia.

Questa raccomandazione è principalmente legata al fatto che nelle fasi inziali la malattia non dà segni della sua presenza e una diagnosi tardiva, quando il tumore ha già aggredito altri organi, rende le terapie meno efficaci.

Quando iniziano a presentarsi, i sintomi dipendono dalla gravità e dalla diffusione del tumore.

I sintomi del tumore alla prostata tendono a presentarsi quando la malattia è in fase già avanzata e in genere quando le dimensioni del tumore sono tali da esercitare una pressione sull’uretra.

QUALI POSSONO ESSERE I SINTOMI DEL TUMORE ALLA PROSTATA?

  • Difficoltà ad urinare (o disuria): una generica difficoltà nell’urinare in cui la minzione può essere accompagnata da un dolore acuto.
  • Impossibilità di urinare (o anuria): è dovuta a un’ostruzione delle vie urinarie, le cui conseguenze si possono riflettere in un secondo momento sul rene. Può essere causata da un tumore alla prostata, oppure da calcolosi, uretrite, prostatite, iperplasia, traumi addominali e neoplasie vescicali.
  • Difficoltà ad eiaculare (aneiaculazione): disturbo caratterizzato dall’assenza completa di eiaculazione al momento dell’orgasmo, quindi non c’è emissione del liquido seminale.
  • Eiaculazione retrograda: il liquido seminale risale all’indietro nella vescica. Durante la minzione, specialmente dopo al coito, il liquido seminale viene espulso con le urine, rendendole dense e torbide.
  • Nicturia: è un disturbo caratterizzato dalla necessità di urinare più volte nel corso della notte. Il ripetuto stimolo minzionale determina risvegli frequenti, con impatto sulla qualità del sonno.
  • Disfunzione erettile: l’incapacità di avere e/o mantenere un’erezione soddisfacente, pur in presenza di un buon desiderio sessuale.
  • Ritenzione urinaria: incapacità di svuotare completamente la vescica, a causa di ostacoli che si interpongono sulla via di deflusso.
  • Sangue nello sperma (o ematospermia) o nelle urine (ematuria): si riscontra frequentemente in seguito a iperplasia prostatica benigna, infezioni delle vie urinarie (es. uretrite), della prostata (prostatite) o dei testicoli (es. epididimite). Più raramente è conseguenza di tumore prostatico, tumori delle vescichette seminali o dei testicoli, di ostruzioni o di traumi in ogni parte del sistema riproduttivo.

In presenza di questi sintomi è sempre meglio rivolgersi al proprio Medico o allo Specialista; tuttavia è bene non allarmarsi perché nella maggior parte dei casi si tratta di problematiche di natura benigna.

Il PSA è un ottimo marcatore, ma non viene utilizzato nel modo corretto.

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Per saperne di più visita il sito dell’AIOM.