Caffè e prostata sono cattivi compagni?

Si dice spesso che bisognerebbe evitare di bere caffè perchè potrebbe stimolare un’infiammazione alla prostata.

Ma quindi dovremmo evitare di bere caffè per non rischiare di sviluppare una patologia alla prostata oppure dovremmo farlo solo se già si soffre di qualcosa?

Alcuni studi sembrerebbero addirittura sostenere che il consumo di caffè possa abbassare il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Da una ricerca condotta proprio in Italia, che ha coinvolto 7000 uomini, sembrerebbe che il rischio di sviluppare un tumore alla prostata si riduce di oltre il 50% in chi beve più di tre tazzine al giorno.

Per cercare di comprendere quale sia il meccanismo alla base di questo effetto sono stati condotti degli esperimenti in laboratorio da cui è emerso che l’effetto protettivo del caffè sia proprio dato dalla caffeina.

Ma non si diceva che il caffè fosse addirittura cancerogeno?

L’idea che il caffè possa aumentare il rischio di tumori deriva dal fatto che durante il processo di tostatura dei chicchi di caffè si genera una molecola chiamata acrilammide, sotto i riflettori per il suo potenziale effetto cancerogeno. Tuttavia un studio condotto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha concluso che il contenuto di acrilammide nei chicchi di caffè è lontano dal poter essere pericoloso per la salute, concludendo che sulla base dei dati attualmente a disposizione bere caffè non sia cancerogeno.

Al contrario, sembra che complessivamente ci possano essere benefici nel bere il caffè per quanto riguarda i tumori.

In che modo il caffè protegge dai tumori?

Il chicco di caffè, come altri prodotti di origine vegetale, contiene numerose sostanze tra cui diversi tipi di antiossidanti, che si ritiene abbiano un effetto protettivo contro il cancro. Ma oltre al contenuto di antiossidanti, sembra che il caffè abbia proprietà regolatorie sul sistema immunitario.

All’interno dei tumori, alcune aree sono meno ossigenate di altre. La mancanza di ossigeno, altera i processi metabolici delle cellule tumorale, portando all’accumulo di una molecola chiamata adenosina. L’adenosina può legarsi attraverso dei recettori sulla superficie di alcune cellule immunitarie, sopprimendone l’attivazione. Diversi studi hanno evidenziato l’importanza dell’adenosina nella strategia di sopravvivenza del tumore dimostrando che il blocco dei recettori dell’adenosina possa essere una strategia promettente nella terapia del cancro.

E’ stato visto che la molecola della caffeina può competere con l’adenosina per il legame ai suoi recettori (fonte). Studi di laboratorio hanno infatti dimostrato che la somministrazione di caffeina era in grado di ritardare la crescita tumorale proprio perché impediva la funzione inibitoria dell’adenosina sul sistema immunitario.

Numerosi studi epidemiologici sull’uomo hanno dimostrato che il consumo di caffè sia in generale associato ad un minor rischio di morte legato ai tumori e ad una minore probabilità di sviluppare alcuni tipi di tumore, come quello dell’utero, dell’endometrio (fonte), del fegato (fonte), del colon (fonte). Per altri tipi di tumore, invece, i dati disponibili sono stati giudicati insufficienti o inadeguati per stabilire una possibile connessione tra consumo di caffè e tumore. Il problema principale di alcuni di questi studi è stato il fatto che oltre al consumo di caffè non erano stati presi in considerazione alcuni parametri. Per esempio, era stato sottovalutato che molti soggetti associassero una tazza di caffè ad una sigaretta! Nel caso del tumore alla vescica, per esempio, le prime ricerche suggerivano che il caffè aumentasse il rischio di cancro, ma in seguito si scoprì che il vero fattore causale era il fumo.

In generale è emerso che i benefici maggiori si riscontravano in quelle persone che bevevano tra le 4 e le 6 tazze di caffè al giorno (parliamo tendenzialmente di studi condotti negli Stati Uniti, quindi di caffè americano!). Oltre questa quantità, al contrario, iniziano ad essere evidenti alcuni degli effetti della troppa caffeina, come inibizione del sonno, mal di testa, mal di pancia…

Quindi il caffè fa sempre bene alla prostata o no?

Nonostante si sia osservato che il caffè abbia dei benefici nella prevenzione e nell’andamento del tumore alla prostata, per le altre patologie che colpiscono quest’organo sembrano esserci effetti opposti.

Per gli uomini affetti da ingrossamento della prostataprostatite, un consumo costante di caffè può peggiorare i sintomi in quanto questo ingrediente irrita la vescica. Tutti questi sintomi e disturbi possono portare a doversi alzare la notte di continuo e favorire l’incontinenza.

Il caffè irrita la vescica precisamente perché aumenta la produzione di urina, quindi la vescica sarà piena in breve tempo e allo stesso tempo causa delle contrazioni di questo organo.

Per questo motivo, gli individui con la prostata ingrossata o affetti da infezioni o prostatite devono ridurre il più possibile il consumo di caffè. Sarebbe inoltre preferibile eliminarlo completamente dalla propria alimentazione almeno per alcuni periodi.

Va comunque sottolineato che, anche se la caffeina aumenta lo stato di irritazione della prostata, non ci sono prove sul fatto che ne possa essere la causa scatenante.

Quando si hanno problemi alla prostata “si dice” sempre di evitare il peperoncino o comunque di mangiare cibi piccanti o speziati.

Ma potremmo aver anche sentito una versione contrastante: il peperoncino fa bene alla prostata.

Quindi dove sta la verità? Il peperoncino fa bene o male alla prostata?

Il peperoncino è un ortaggio che contiene un’alta concentrazione di capsaicina, il principio attivo della “piccantezza”.

In alcuni studi di laboratorio (1) è stato visto che la capsaicina è in grado di rallentare la crescita di cellule di tumore alla prostata e in alcuni casi di provocarne la morte.

Gli scienziati della Nottingham University suggeriscono che la capsaicina sia in grado di uccidere le cellule tumorali perché attacca i mitocondri, gli organelli che producono energia al loro interno.

Altri studi, condotti in vivo su modelli animali (2; 3) hanno evidenziato la capacità della capsaicina nel rallentare la crescita di tumore alla prostata e diminuire la comparsa di metastasi.

Quali evidenze sul peperoncino in pazienti con tumore alla prostata?

I dati ottenuti in vitro e in modelli preclinici suggeriscono che la capsaicina possa effettivamente avere delle proprietà protettive verso un tumore alla prostata anche nell’uomo.

A questo proposito è stato stato disegnato uno studio clinico (4) di cui però ad oggi non sono disponibili ancora i risultati.

Ad oggi non è possibile quindi dire con certezza se la capsaicina faccia o meno bene nel combattere il tumore alla prostata nell’uomo.

Alcuni studi condotti in laboratorio su cellule di tumore alla prostata e (ancora poche) evidenze su pazienti hanno osservato che la capsaicina sia in grado di ridurre la produzione di PSA, suggerendo che questo elemento potrebbe influire con la validità del test del PSA.

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Quali sono i benefici del peperoncino sulla salute?

Il peperoncino in sé, come molti vegetali, contiene diversi tipi di vitamine (A, B, C, E…) e diverse sostanze ad azione antiossidante, quindi in grado di combattere i temibili radicali liberi. I benefici nel consumo di peperoncino sembrano essere più evidenti a carico del sistema cardiovascolare.

Se ci focalizziamo a livello della prostata, il peperoncino viene spesso definito “Viagra dei poveri” per via dell’effetto sulla disfunzione erettile, dal momento che, essendo un buon vasodilatatore, tende a fornire un aiuto appunto contro l’impotenza.

Allora perché si dice di evitare il peperoncino per la salute della prostata?

Il peperoncino, considerato da sempre un afrodisiaco, rientra però tra gli alimenti dannosi per la prostata. Le ragioni di questi effetti collaterali sembrano essere ascrivibili alla funzione stimolante sul sistema immunitario.

Un uso eccessivo di peperoncino tende quindi ad aumentare un’infiammazione già presente, come per esempio una prostatite (infiammazione della prostata).

In conclusione, si conoscono diversi benefici sulla salute dati dal consumo di peperoncino, ma bisogna comunque prestare attenzione a moderarne il consumo, soprattutto negli individui che già soffrono di irritazioni alla prostata, da una infiammazione ad un ingrossamento.

referenze:

  1. The pepper’s natural ingredient capsaicin induces autophagy blockage in prostate cancer cells
  2. Capsaicin reduces the metastatic burden in the transgenic adenocarcinoma of the mouse prostate model
  3. Capsaicin, a Component of Red Peppers, Inhibits the Growth of Androgen-Independent, p53 Mutant Prostate Cancer Cells
  4. CAPSAICIN Trial: Assessing Capsaicin as a Chemopreventive Agent for Prostate Cancer (CAPSAICIN)

Il legame tra bicicletta e problemi di prostata è sempre molto dibattuto. È noto che in sport come il ciclismo, l’equitazione o l’andare in moto, la prostata venga continuamente e ripetutamente sollecitata. Per il ciclismo è stato visto che la compressione è più localizzata rispetto agli altri sport “sedentari”, concentrando quindi le sollecitazioni nell’area adiacente alla prostata. Tuttavia, cambiando semplicemente la posizione di seduta o alzandosi dalla sella, gli effetti delle compressioni vengono quasi annullati.

Sulla correlazione tra bicicletta e patologie prostatiche le informazioni che si possono trovare nella letteratura scientifica sembrano essere in qualche modo discordanti.

Uno studio pubblicato qualche anno fa sulla rivista European Urology (fonte), ha cercato di fare una summa degli studi fatti a questo proposito e ha evidenziato come alcune patologie del sistema urogenitale fossero abbastanza frequenti nelle persone che abitualmente usavano la bicicletta.

Recentemente però, alcuni ricercatori dell’University College London Medical School hanno effettuato uno studio (fonte) in cui sono stati coinvolti un gruppo di uomini che praticava ciclismo e un gruppo che non faceva attività sportiva. Dopo mesi di osservazione hanno visto che non esiste nessuna correlazione tra l’uso della bicicletta e lo sviluppo di problemi alla prostata.

Da segnalare che seppur non ci fosse validità statistica, nel gruppo dei ciclisti si è riscontrata una percentuale di problemi prostatici maggiore di quella dei sedentari. Cosa vuol dire? Semplice: i ciclisti (come gli sportivi in generale) sono più attenti alla salute e si curano di più, si sottopongono più spesso a controlli medici e quindi la probabilità di scoprire patologie prostatiche è maggiore.

Ma quindi l’uso della bicicletta causa problemi alla prostata?

In definitiva sembrerebbe di no. Basta guardare il fatto che le patologie prostatiche non sono più frequenti nei ciclisti professionisti rispetto a quelli amatoriali. Anzi. Sembra addirittura il contrario! I problemi di prostata (come ingrossamento o infiammazione) sono una situazione abbastanza comune negli uomini sopra i 45–50 anni, per via lavori sedentari, stili di vita, ecc. E i ciclisti amatoriali hanno mediamente un’età superiore agli sportivi.

Non è quindi il caso di rinunciare alla bicicletta per evitare di andare incontro a problemi alla prostata. Una cosa utile può essere quello di valutare bene la posizione che teniamo sulla sella e la sella stessa.

Usando il tatto, nella zona dei glutei dovremmo riuscire a sentire delle protuberanze ossee del bacino, chiamate tuberosità ischiatiche. Se si è correttamente seduti sulla sella o, meglio, se la sella è adatta alla conformazione del nostro bacino, la zona perineale dovrebbe solo sfiorare la sella, senza appoggiarsi con tutto il peso, per non essere compressa.

Dato che la distanza fra le due tuberosità ischiatiche non è identica in tutti gli individui, non esiste una sella che sia adatta per tutti.

Provare la sella prima di acquistarla, esattamente come si fa per un vestito, è l’unico metodo che può aiutare alla scelta più idonea alla propria esigenza.

Ma non fatevi ingannare: una sella morbida non è quasi mai una scelta corretta. La sella deve essere rigida e indeformabile per essere adatta alla propria conformazione.

Un’opzione più costosa è l’acquisto di una bicicletta reclinata, che viene guidata in posizione reclinata e mette meno pressione sul perineo.

Andare in bici altera il test del PSA

L’uso della bicicletta non va invece d’accordo con gli esami diagnostici che vengono eseguiti per monitorare la salute della prostata, nello specifico il test del PSA.

Il PSA è una molecola fisiologicamente prodotta dalla prostata che in condizioni normali si trova in piccole quantità nel sangue. Il valore del PSA nel sangue può aumentare a causa di ogni perturbazione patologica di quest’organo, da un tumore alla prostata a una prostatite, ma anche in seguito ad una sollecitazione, come l’utilizzo della bicicletta, in quanto la sella può fare pressioni sulla prostata.

Per questo motivo viene sempre richiesto di astenersi dall’utilizzo della bicicletta qualche giorno prima di eseguire questo test, per non avere dei risultati sospetti anche in assenza di una malattia.

In conclusione, l’uso prolungato della bicicletta non sembra quindi essere la causa dei problemi di prostata, ma è molto probabilmente qualcosa da evitare se questi problemi ci sono già.

Il consiglio è quello di effettuare dei controlli saltuari della prostata già a partire dai 40 anni e non sottovalutare i segnali che il nostro ci manda, soprattutto quando pratichiamo attività fisica.

La biopsia prostatica è un esame invasivo, ma assolutamente necessario per effettuare una diagnosi di tumore della prostata. È infatti l’unico esame che permette di individuare la presenza di cellule tumorali all’interno della prostata.

Ma quando il risultato di una biopsia prostatica è negativo vuol dire che sicuramente non sarà presente un tumore?

Purtroppo non sempre.

Il tumore alla prostata è una malattia particolare. In molti casi si sviluppa in maniera multifocale, ovvero possono svilupparsi diversi piccoli tumori in punti anche distanti dell’organo, originando delle malattie con caratteristiche leggermente diverse.

Per ridurre al minimo la probabilità di “mancare” un tumore viene eseguita una biopsia sistematica che prevede il prelievo di 12 pezzetti di prostata in punti diversi.

Tuttavia in circa il 20% dei pazienti con una prima biopsia prostatica negativa, l’esecuzione di una seconda biopsia prostatica porta all’individuazione di un tumore.

Capita quindi che, nonostante il numero consistente di campioni, la biopsia sistematica possa mancare le cellule tumorali.

Un nuovo metodo, chiamato “biopsia mirata” permette di utilizzare le immagini acquisite grazie alla risonanza magnetica fuse con le immagini ecografiche per guidare il medico verso zone più verosimilmente sospette della prostata (fonte).

Molti grandi centri ospedalieri si sono ormai attrezzate per sostituire le biopsie sistematiche con l’approccio mirato grazie alla risonanza magnetica.

Tuttavia, nuove evidenze (fonte) suggeriscono che le biopsie mirate abbiano una più alta probabilità di mancare un tumore alla prostata e una discreta probabilità di classificare male il grado di aggressività della malattia.

In questo studio sono stati coinvolti 2.103 uomini con sospetto di tumore prostatico sulla base dei risultati del test del PSA e dell’esplorazione rettale. Ad ogni soggetto sono state eseguite biopsie mirate e sistematiche, in 1.312 uomini è stato riscontrato un tumore alla prostata e 404 di loro sono stati trattati chirurgicamente.

Le biopsie mirate da sole hanno mancato il 9% dei tumori ad alto rischio. A 123 uomini la biopsia mirata aveva individuato un tumore a basso a rischio che in realtà era una malattia a rischio intermedio. A 41 uomini con un tumore ad alto rischio la biopsia mirata aveva identificato un tumore a rischio basso o intermedio.

I ricercatori hanno concluso che sia la biopsia sistematica sia la biopsia mirata abbiano dei forti  limiti che possono in parte essere mitigati eseguendo contemporaneamente le due procedure.

La biopsia prostatica è l’unico modo per diagnosticare un tumore alla prostata. Tuttavia in alcuni casi può non essere in grado di individuare la malattia.

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Sono molte le evidenze scientifiche a suggerire che fare sesso possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Da uno studio pubblicato nel 2016 sulla prestigiosa rivista European Urology sembrerebbe emergere che frequenti eiaculazioni (sia per rapporti sessuali sia attraverso masturbazione) possano ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata. Circa 32.000 uomini sono stati seguiti per quasi 20 anni e a 4.000 di questi nel tempo è stato diagnosticato un tumore alla prostata.

E’ stato osservato che gli uomini che intorno ai 20 anni di età avevano eiaculazioni più frequenti (almeno 21 eiaculazioni al mese) avevano il 19% di probabilità in meno di sviluppare un tumore alla prostata rispetto agli uomini che eiaculavano meno di sette volte al mese.

Allo stesso modo, gli uomini 40enni che eiaculavano più spesso avevano il 22% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di cancro alla prostata, rispetto agli uomini con meno eiaculazioni al mese.

Attenzione alle infezioni

In un secondo studio emerge un altro aspetto interessante: gli uomini con un numero più alto di partner hanno un rischio aumentato di sviluppare un tumore alla prostata.

Questo risultato che sembra andare in contrasto con il precedente trova in realtà una spiegazione molto semplice: avere un’attività sessuale con più partner espone ad un maggior rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

Diversi studi hanno evidenziato come per esempio l’infiammazione causata dalla gonorrea possa essere in grado di facilitare lo sviluppo del tumore della prostata.

L’attività sessuale migliora la qualità della vita

Non è ancora del tutto chiaro quale sia il meccanismo alla base dei benefici del sesso come prevenzione del tumore alla prostata. Sembrerebbe però essere dovuto al fatto che venga costantemente mantenuta una buona funzionalità dell’organo e che con lo svuotamento periodico delle vie seminali si espellano eventuali agenti patogeni, riducendo quindi la possibilità di sviluppare infezioni.

I meriti di una eiaculazione frequente attraverso il sesso o la masturbazione derivano anche da altri fattori che contribuiscono a un migliore stile di vita.

Sembra inoltre che una buona attività sessuale possa aiutare ad abbassare la pressione arteriosa e ad avere una migliore qualità del sonno. Oltre a bruciare calorie, la produzione di testosterone collegata all’attività sessuale rafforza ossa e muscoli, mentre la produzione di endorfine abbassa i livelli di stress.

Le patologie della prostata possono invece influenzare negativamente la vita sessuale di chi ne soffre, causando problemi come disfunzione erettileo eiaculazione precoce.

Da questo punto di vista, il sesso non serve solo a stare bene, ma viceversa alcuni problemi che interessano la sfera sessuale possono essere una spia di qualche problema più importante, anche alla prostata.

Attività sessuale e test del PSA non vanno d’accordo

I valori di PSA nel sangue possono aumentare in seguito ad una qualsiasi sollecitazione della prostata.

Prima di effettuare questo test nel percorso diagnostico del tumore alla prostata viene infatti richiesto di evitare alcune attività che stimolano la prostata e quindi potrebbero alterare il risultato del test del PSA.

E’ infatti richiesto di astenersi da avere rapporti sessuali o eiaculazioni (quindi anche tramite masturbazione) nei due o tre giorni precedenti il prelievo.

Non si può!

Purtroppo non esiste una strategia comprovata di prevenzione del tumore alla prostata. Tuttavia è possibile ridurre il rischio di svilupparlo agendo sul proprio stile di vita, facendo scelte sane, come fare esercizio e seguire una dieta equilibrata.

Il tumore alla prostata è la malattia oncologica più diffusa negli uomini. Colpisce mediamente 1 uomo su 8 nell’arco della vita ed è quindi normale essere interessati a come poterlo prevenire.

Non esiste però un modo sicuro per prevenire il tumore alla prostata. I risultati degli studi prodotti fino ad oggi sono in alcuni casi contrastanti e spesso non sono disegnati appositamente per cercare di dimostrare se qualcosa sia in grado di farlo.

In generale, i medici raccomandano che gli uomini con un rischio maggiore della media di sviluppare un tumore alla prostata facciano scelte a beneficio della loro salute generale, se sono veramente interessati alla prevenzione.

Mantieni un peso nella norma

Gli uomini obesi, con un indice di massa corporea (BMI) di 30 o superiore, hanno un rischio aumentato di sviluppare un tumore alla prostata.

Se sei in sovrappeso o obeso, cerca di perdere peso. Puoi farlo riducendo il numero di calorie che introduci ogni giorno con l’alimentazione e aumentando la quantità di esercizio fisico che fai.

Se hai un peso nella norma lavora per mantenerlo esercitandoti quasi tutti i giorni della settimana e scegliendo una dieta sana ricca di frutta, verdura e cereali integrali.

Fai esercizio più volte a settimana

Gli studi sul rischio di tumore alla prostata hanno dimostrato principalmente che gli uomini che praticano esercizio fisico possono avere un rischio ridotto di sviluppare la malattia.

L’esercizio ha molti altri benefici per la salute e può ridurre il rischio di malattie cardiache e altri tumori. L’esercizio fisico può aiutarti a mantenere il tuo peso o può aiutarti a perdere peso.

Se non ti alleni già, prendi un appuntamento con il tuo medico per assicurarti che sia giusto iniziare. Quando inizi a fare esercizio, procedi lentamente. Aggiungi attività fisica alla tua giornata parcheggiando l’auto più lontano da dove stai andando e prova a prendere le scale invece dell’ascensore.

Cerca di fare 30 minuti di esercizio quasi tutti i giorni della settimana.

Sembra inoltre che un’intensa attività sessuale possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Parla con il tuo medico del tuo rischio

Alcuni uomini hanno un aumentato rischio di sviluppare un tumore alla prostata. Per quelli con un rischio molto elevato potrebbero esserci alcune opzioni per cercare di ridurlo.

Se pensi di avere un alto rischio di tumore alla prostata, non aspettare di accusare dei sintomi, ma parlane con il tuo medico.

referenza: Nutrition, physical activity, and lifestyle factors in prostate cancer prevention

Si sa. Nove persone su dieci adorano il cioccolato. E la decima mente! (cit.)
Oltre ad essere una golosità, il cioccolato ha anche molti benefici per la salute, ma molti uomini si chiedono: cioccolato e prostata vanno d’accordo?
Grazie alla ricerca, oggi sappiamo che i benefici del cioccolato sono dovuti alla presenza di sostanze naturalmente presenti nelle fave di cacao.

Oltre a contenere un’elevata quantità di minerali come il magnesio, il potassio, il rame e il ferro, ciò che rende il cioccolato così benefico per la nostra salute sono i polifenoli, delle sostanze naturali presenti in molti vegetali e che hanno mostrato avere molteplici proprietà.

Tra questi polifenoli i più abbondanti sono catechine, antocianine e proantocianidine, sostanze con funzione principalmente antiossidante, che hanno la capacità di neutralizzare i radicali liberi, elementi altamente reattivi che contribuiscono a danneggiare le cellule del nostro corpo.

Inoltre, alcune di queste sostanze contenute nel cacao hanno dimostrato di essere in grado di stimolare il sistema immunitario, e quindi potenzialmente prevenire l’insorgenza dei tumori.

Ad oggi, i risultati della ricerca sui possibili effetti anti-tumorali del cioccolato non sono ancora completamente chiari. Tuttavia, la maggior parte degli studi suggerisce che mangiare cioccolato possa ridurre il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore.
E’ da sottolineare che i benefici nutrizionali del cioccolato provengono dalle sostanze contenute nella fava di cacao, quindi il cacao puro in polvere e il cioccolato fondente (contenente almeno 70% di cacao) ne sono ovviamente ricchi.

Il cioccolato al latte presenta meno benefici, prima di tutto perché possiede meno cacao, ma anche perché è proprio la presenza del latte a legare gli antiossidanti, rendendoli non disponibili.

Ma le proprietà del cioccolato non si limitano ad un benessere fisico. L’assunzione di cioccolato, infatti, fa aumentare i livelli di alcuni neurotrasmettitori che inducono le sensazioni di piacere: la serotonina (attiva nella regolazione del sonno e dell’attività sessuale); l’endorfina (efficace nell’inibizione del dolore); la difenildantonina (una sostanza antidepressiva).

Il cioccolato fondente grazie ai suoi benefici per la salute è stato inserito nella lista dei cosiddetti superfood.

La moderazione è comunque importante perché il cioccolato contiene anche zuccheri e grassi, che possono avere conseguenze negative sulla salute (come l’obesità e il diabete) se consumati in eccesso.

Ma qual è il rapporto tra cioccolato e prostata?

Gli studi condotti sulle patologie prostatiche sembrano concordare che un consumo elevato di cioccolato (specialmente quello al latte) sia correlato con lo sviluppo di tumori aggressivi e con il peggioramento di malattie infiammatorie. Contrariamente, un consumo moderato di cioccolato fondente è in grado di fornire benefici per la salute, anche in caso di tumore alla prostata.

Referenze:

Effect of Cocoa and Its Flavonoids on Biomarkers of Inflammation: Studies of Cell Culture, Animals and Humans

Cocobiota: Implications for Human Health

Cocoa and Dark Chocolate Polyphenols: From Biology to Clinical Applications

Total antioxidant intake and prostate cancer in the Cancer of the Prostate in Sweden (CAPS) study. A case control study

Una nutrizione corretta costituisce, assieme a una adeguata attività fisica e al controllo di altri fattori di rischio, un elemento fondamentale nella prevenzione di numerose condizioni patologiche della prostata. E’ infatti ormai stato dimostrato che lo stile di vita e le scelte alimentari agiscono in modo incisivo nella possibilità di ridurre il rischio di sviluppare alcune malattie, di controllarne l’evoluzione o, al contrario, provocarne l’insorgenza.

Secondo l’OMS, il 35% dei casi di tumore è riconducibile ad abitudini alimentari sbagliate. La dieta che più rispetta le semplici e fondamentali regole della corretta alimentazione è quella mediterranea, dichiarata nel 2010 patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco.

L’integrazione con sostanze naturali e con fitoterapia trovano sempre maggiore interesse da parte di personale medico e non. Ma non dobbiamo sottovalutare uno dei fattori più importanti che giocano a favore del nostro organismo: la nutrizione.

Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo

Ippocrate

Negli ultimi anni si sta sviluppando una disciplina chiamata “Nutraceutica”, dalla fusione di “nutrizione” e “farmaceutica”, che ha lo scopo di indagare tutti i componenti o i principi attivi degli alimenti con effetti positivi per la salute, la prevenzione e il trattamento delle malattie.

Invece di mangiare e curarsi, ecco come curarsi mangiando!

(Scarica “La nutrizione nel malato oncologico” pubblicato da AIMAC, 2017).

nutrizione e tumore alla prostata

Le informazioni raccolte in questa pagina rappresentano una panoramica su alcuni alimenti e supplementi alimentari che hanno dimostrato su base scientifica di avere la capacità di ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata o di aumentare l’efficacia dei trattamenti contro questa malattia.

Referenza: PDQ Integrative, Alternative, and Complementary Therapies Editorial Board. Prostate Cancer, Nutrition, and Dietary Supplements (PDQ®): Health Professional Version. 2017 Jun 6.

POMODORI

I pomodori sono ricchissimi di licopene un pigmento naturale delle piante di colore rosso che si trova in diversi frutti (come albicocche e anguria) e vegetali, ed è dotato di notevoli proprietà antiossidanti.

Il licopene abbonda in modo particolare nel pomodoro maturo: la polpa ne contiene mediamente 11 mg per 100 g e la buccia addirittura più di 50 mg (il licopene della buccia cruda è, però, meno biodisponibile rispetto a quello della polpa) ed i livelli contenuti dipendono dal grado di maturazione del pomodoro. E’ stato calcolato infatti che in pomodori rossi sono presenti 50 mg/kg di licopene, mentre la concentrazione scende a 5 mg/kg nelle varietà gialle. Inoltre la biodisponibilità del composto sembra essere più elevata nei prodotti trattati termicamente (ad esempio salse di pomodoro) rispetto ai prodotti crudi.

DATI CLINICI

Studi di popolazione hanno evidenziato che il consumo di alimenti ricchi di licopene possa essere in grado di ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata. In uno studio è stato inoltre osservato che una dieta ricca di licopene (es. pomodori crudi e cotti) possa ridurre il rischio di sviluppare la malattia anche in uomini che hanno avuto casi in famiglia di tumore alla prostata.

Prevenzione: Un piccolo gruppo di uomini con una diagnosi di HGPIN (situazione di iniziale trasformazione delle cellule prostatiche) ha ricevuto per 2 anni licopene come supplemento alla dieta. A distanza di tempo è stato osservato che in questi soggetti l’HGPIN era evoluto in un tumore alla prostata molto meno rispetto ai soggetti di controllo.

Cura: Diversi trial clinici hanno evidenziato effetti positivi sulla crescita tumorale. In particolare, in alcuni uomini che hanno consumato piatti contenenti salsa di pomodoro per 3 settimane prima dell’asportazione chirurgica della prostata è stato osservato un aumento della morte delle cellule tumorali rispetto ai soggetti di controllo.

Da queste evidenze si evince che includere alimenti ricchi di licopene nella propria nutrizione possa prevenire in alcuni casi lo sviluppo di un tumore alla prostata e di rallentarne la crescita anche in fasi conclamate.

MELOGRANO

Il melograno è un arbusto (Punica Granatum) originario dell’Asia, diffuso poi nel Mediterraneo e coltivato anche in Italia sia per i frutti sia come pianta ornamentale. L’utilizzo di questa pianta per scopi “curativi” ha origine antichissime. Quasi ogni parte del frutto contiene dei composti bioattivi, dalla buccia, ai semi succosi, alla buccia che riveste i semi.

DATI CLINICI

Diversi studi clinici hanno dimostrato che l’assunzione di succo di melograno o estratto di melograno in aggiunta ad una normale nutrizione sia in grado di rallentare l’aumento di PSA dopo resezione chirurgica o radioterapia, indicando un effetto nella ripresa di malattia o su eventuali cellule residue.

TE’ VERDE

te verde the prostata

Il te verde è una pianta originaria dell’Asia, oggi utilizzata i tutto il mondo per la preparazione di tisane e non solo. Il te verde è ricco di polifenoli, molecole con attività antiossidanti che proteggono le cellule riducendo i radicali liberi. Tra i polifenoli contenuti nel te verde troviamo la famiglia delle catechine e principalmente la epigallocatechina-3-gallate (EGCG).

DATI CLINICI

Studi di popolazione hanno evidenziato che il consumo di te verde possa avere un effetto protettivo nella popolazione Asiatica, in cui l’incidenza del tumore alla prostata risulta essere tra le più basse del mondo.

Prevenzione: Trial clinici hanno dimostrato che il trattamento con catechine di te verde diminuisce il rischio di sviluppare tumore alla prostata.

Cura: Trial clinici hanno evidenziato che l’assunzione di polifenoli, catechine o bevande al te verde ha effetti limitati su tumori conclamati e avanzati.

EFFETTI COLLATERALI

In alcuni degli studi effettuati, sono stati osservati alcuni effetti collaterali, generalmente di lieve entità, principalmente dovuti alla quantità di caffeina, come mal di testa, nausea, dolori addominali, diarrea, debolezza, dolori gastrointestinali.

CALCIO

formaggio prostata

Il calcio è un minerale necessario per il funzionamento di numerose funzioni fisiologiche, tra cui quella ossea e muscolare e viene immagazzinato principalmente nelle ossa.

DOVE SI TROVA

E’ contenuto naturalmente in diversi alimenti, maggiormente nel latte e nei suoi derivati (formaggi, yogurt, ecc), ma anche in alcuni vegetali come broccoli e spinaci (in cui però risulta difficilmente assorbibile dal corpo).

DATI CLINICI

Studi di popolazione e trial clinici sulla correlazione tra tumore alla prostata e dieta ricca di calcio hanno dato risultati non univoci.

In generale, gli uomini che hanno seguito una dieta ricca di calcio o hanno ricevuto un supplemento di calcio alla dieta hanno sviluppato un tumore alla prostata più tardi rispetto ad altri uomini. Tuttavia, in alcuni casi è stata osservata un’associazione tra dieta ricca di calcio e sviluppo di tumori prostatici più aggressivi.

Ulteriori studi sono necessari per chiarire vantaggi e svantaggi del calcio nella nutrizione nello sviluppo del tumore alla prostata.

La Serenoa repens ha ormai guadagnato un’ottima reputazione per combattere i disturbi alla prostata, tanto che rappresenta la base di tutti i più diffusi prodotti da banco venduti per diversi tipi di patologie, dall’ingrossamento al tumore alla prostata.

La Serenoa repens, o Palma Nana, o Saw Palmetto, è un piccolo albero di palma, nativo dell’India Occidentale e della costa Atlantica del Nord America.

I nativi americani utilizzavano le bacche come cibo e come cura contro una grande varietà di problemi legati al sistema urinario e all’apparato riproduttivo. I coloni europei impararono presto a utilizzarla.

Per almeno 200 anni venne usato l’estratto secco per diverse patologie: stanchezza, debolezza, problemi urogenitali e così via.

Una meta-analisi pubblicata nel 2000 sulla rivista Journal of the American Medical Association (fonte) aveva evidenziato l’efficacia degli estratti di Serenoa nel trattamento dei sintomi nell’ingrossamento della prostata (e in alcuni casi dei benefici anche per la calvizie maschile).

Tuttavia, i risultati di un trial clinico pubblicati sull’illustre rivista New England Journal of Medicine nel 2006 (fonte) avevano ribaltato queste evidenze, indicando che il trattamento con Serenoa Repens non migliorava i sintomi della iperplasia prostatica benigna.
Non sono state osservate differenze tra il gruppo che ha ricevuto estratti di Serenoa e il gruppo che ha ricevuto placebo per tutti i parametri considerati come la valutazione dei sintomi, flusso urinario, variazioni del volume della prostata, residuo vescicale post-minzionale, qualità di vita, effetti avversi e anche il livello di PSA.

L’effetto diretto della serenoa repens sul valore del PSA è minimo, mentre l’effetto indiretto (e cioè la riduzione dello stato di infiammazione cronica della prostata) è più importante. In caso di assunzione di serenoa repens da molto tempo, il valore di PSA potrebbe essere pertanto interpretato come un valore più attendibile, non influenzato dallo stato infiammatorio.

Tuttavia, questo aspetto non deve farci pensare che l’assunzione di serenoa repens sia sufficiente per rendere il test del PSA un esame di screening attendibile per il tumore alla prostata.

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La serenoa repens fa veramente bene alla prostata?

La discordanza tra di meta-analisi e studio clinico potrebbero stare in parte nella diversa preparazione degli estratti di serenoa repens.

Uno studio pubblicato recentemente sull’illustre rivista scientifica European Urology (fonte) ha incrociato i dati di 22 trial clinici con caratteristiche simili per cercare di dare una risposta ad una domanda che molti uomini si pongono: assumere serenoa repens fa veramente bene alla prostata?

Da questa meta-analisi è stato evidenziato un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi legati a ingrossamento della prostata negli uomini che hanno assunto estratti di Serenoa repens per un periodo superiore ai 12 mesi.

Al contrario, l’assunzione di Serenoa repens per periodi inferiori ai 12 mesi non sembra apportare alcun miglioramento clinicamente significativo.

Complessivamente, gli estratti di Serenoa repens hanno mostrato degli effetti inferiori rispetto a tutti i farmaci alfa-bloccanti, come il finasteride, nel trattamento delle patologie prostatiche, ma con qualche effetto collaterale in meno.

I preparati a base di Serenoa Repens rientrano in quei prodotti da banco per cui non serve una prescrizione ed esattamente come per gli altri integratori c’è la diffusa convinzione di poterla consigliare a casaccio perché “tanto, male non fanno”.

In realtà gli integratori usati male possono avere delle controindicazioni anche importanti. Come dimostra questo studio, i benefici ci possono essere.

Ma insieme all’indicazione a usare la Serenoa ci vorrebbe anche un “piano d’azione” suggerito da un professionista in base alle esigenze del paziente.

riferimenti:

Meta-analisi 2000: http://www.jaoa.org/cgi/reprint/100/2/89

Trial clinico 2006: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16467543

Meta-analisi 2020: https://www.eu-focus.europeanurology.com/article/S2405-4569(20)30018-3/fulltext

Buone notizie per gli amanti dei funghi, soprattutto maschi: mangiare funghi potrebbe ridurre il rischio di sviluppare un tumore alla prostata.

Buone notizie dal Giappone

Un nuovo studio pubblicato sull’International Journal of Cancer ha osservato che un maggior consumo di funghi è correlato con una ridotta probabilità di sviluppare un tumore alla prostata.

Questo studio durato circa 13 anni condotto in Giappone ha coinvolto un totale di 36.499 uomini, dai 40 ai 79 anni, di cui il 3,3% ha sviluppato un tumore alla prostata.

Rispetto a chi mangiava funghi meno di una volta a settimana si è vista una minore incidenza del tumore alla prostata negli uomini che consumavano funghi 1-2 volte a settimana (-8%) e in quelli che ne mangiavano più di 3 volte alla settimana (-17%).

Analizzando anche altri fattori legati all’alimentazione, è stato visto che i benefici del consumo di funghi erano indipendenti dal consumo di frutta e verdura, carne e latticini.

Il meccanismo degli effetti benefici dei funghi sul tumore alla prostata rimane però ancora incerto. Alcune proprietà dei funghi legate alla prevenzione del tumore alla prostata erano già state segnalate da studi in vivo e in vitro, evidenziando il ruolo di alcune sostanze antiossidanti presenti maggiormente in alcuni tipi di fungo.

Un numero sempre crescente di prove scientifiche suggerisce che la nostra dieta abbia un ruolo centrale sulla nostra salute e che mangiare in modo sano potrebbe ridurre il rischio di sviluppare malattie come i tumori.

Questo studio giapponese suggerisce che l’assunzione abituale di funghi potrebbe aiutare a ridurre il rischio di cancro alla prostata.

Ulteriori studi in altre popolazioni e con una maggiore raccolta di dati, come per esempio il tipo di fungo consumato, sono necessari per confermare questa relazione.

Ricordiamo che il principio “più ne mangio meglio è” è quasi sempre scorretto. E’ consigliato in genere di assumere funghi sempre con la dovuta cautela per evitare intossicazioni, e in dosi moderate per non complicare la digestione.