La scelta della terapia del tumore della prostata varia a seconda dell’estensione e dell’aggressività della malattia, ed è fortemente condizionata sia dalla classe di rischio (rischio di mortalità e di progressione della malattia basato su stadio, tipo istologico e PSA) sia dallo stato del paziente (età, sintomi, presenza di malattie concomitanti, salute in generale) e dalle sue preferenze e aspettative.

Generalmente, nei casi di tumore a basso rischio, si può decidere di optare per una osservazione o monitoraggio della malattia rimandando un eventuale trattamento; quando il tumore è a rischio elevato o sono già presenti metastasi ad altri organi, la scelta passa ad una terapia attiva tra chirurgia, radioterapia, terapia ormonale, o chemioterapia.

Sorveglianza attiva

Nei casi di tumore alla prostata in fase precoce, a basso rischio di progressione, con una crescita lenta e in assenza di sintomi, si può procedere con l’osservazione dell’evoluzione del tumore senza effettuare alcuna terapia. Se nel tempo dovessero emergere dei segnali di una progressione del tumore, si passerà ad una terapia attiva.

La Sorveglianza Attiva richiede un monitoraggio della progressione del tumore con esami del sangue, misurazioni del PSA nel tempo, esplorazione digitale della prostata e biopsie ripetute.

I vantaggi sono, ovviamente, l’assenza di effetti collaterali delle terapie e nessun cambiamento importante della vita quotidiana.

Di contro troviamo possibili complicanze dovute alle biopsie di controllo e lo sviluppo di stati d’ansia per il doversi sottoporre periodicamente a controlli e per il dubbio che il tumore possa crescere.

Terapia chirurgica: prostatectomia radicale

La prostatectomia radicale è la rimozione chirurgica dell’intera ghiandola prostatica, che può essere associata in alcuni casi all’asportazione dei linfonodi della regione vicina al tumore. E’ l’approccio terapeutico radicale più utilizzato, in quanto la prostata non rappresenta un organi vitale, e può essere effettuata sia quando il tumore è localizzato alla prostata sia in uno stadio più avanzato.

L’intervento di rimozione della prostata può essere effettuato in modo classico (chirurgia “open”), in laparoscopia e chirurgia robotica. Quest’ultima rappresenta la tecnica più avanzata attualmente in uso (disponibile in più di 100 centri in Italia) che grazie alla sua precisione permette una riduzione dei tassi di complicanze, una rapida ripresa delle attività sociali e lavorative molto precoce ed una buona qualità di vita.

Il vantaggio di questo approccio è la risoluzione, in molti casi, della malattia.

A fronte di questo esistono diversi aspetti negativi, quali il rischio molto alto di disfunzione erettile e di incontinenza, il rischio di decesso correlato all’intervento (seppure basso), la sterilità in seguito all’operazione e il rischio di sviluppare una malattia recidiva.

Radioterapia

La radioterapia può essere effettuata in regime ambulatoriale (radioterapia a fasci esterni) oppure attraverso una metodica chiamata brachiterapia in cui la sorgente radioattiva viene impiantata direttamente all’interno della prostata.
Questo tipo di trattamento può essere utilizzato sia dopo l’intervento chirurgico quando vi sia il sospetto di una futura ricomparsa locale della malattia (radioterapia adiuvante) sia in seguito alla rapida crescita del PSA (radioterapia di salvataggio). 
La radioterapia può inoltre essere utilizzata con intento palliativo per ridurre i sintomi nella malattia localmente avanzata o metastatica.

Nella radioterapia a fasci esterni il paziente viene irradiato esternamente (appunto) e viene effettuata in ospedale con brevi sedute giornaliere, per un periodo di 1-2 mesi. Questo tipo di trattamento può causare dolori durante la minzione, disfunzione erettile, diarrea e dolore durante la defecazione, ma raramente problemi di incontinenza.

La brachiterapia è un tipo di radioterapia a cui si può ricorrere nei casi di tumori in stadio precoce e localizzato che permette di concentrare le radiazioni nella zona del tumore e ridurre il danno provocato agli altri tessuti. Rappresenta un’approccio più “soft” rispetto alla radioterapia a fasci esterni, ma comporta comunque un intervento chirurgico (mininvasivo) e il rischio di insorgenza di disturbi urinari superiori. La disfunzione erettile e meno frequente rispetto alle altre tecniche, ma è comunque presente.

Terapia ormonale

La terapia ormonale ha l’obiettivo di ridurre il livello di testosterone, l’ormone maschile che dà carburante alla crescita delle cellule del tumore della prostata, o di bloccarne la sua azione.

L’ormonoterapia può essere usata in combinazione con la radioterapia, per aumentarne il successo, o da sola nei tumori alla prostata sintomatici in stadio localmente avanzato che non possono essere sottoposti a trattamento definitivo o nella malattia metastatica.

Al contrario, l’ormonoterapia non risulta utile per il trattamento delle malattie in fase precoce. Può causare diversi effetti collaterali (dolore e gonfiore delle mammelle, vampate di calore, incapacità di avere l’erezione e diminuzione del desiderio sessuale); raramente può causare diarrea o problemi intestinali

L’ormonoterapia presenta diversi effetti collaterali, come dolore, gonfiore, vampate di calore, calo del desiderio sessuale e problemi di erezione.

A lungo andare può comportare aumento di peso con perdita di massa muscolare e femminilizzazione dell’aspetto del corpo, osteoporosi e stanchezza.

Ormonoteapia di nuova generazione

Recentemente sono stati immessi nella pratica clinica nuovi farmaci definiti “ormonali” che agiscono bloccando a vari livelli e in maniera profonda l’azione del testosterone. Questi farmaci sono al momento utilizzati nella malattia metastatica, nei casi in cui l’ormonoterapia tradizionale o la chemioterapia non riescono più a controllare il tumore.

Questo nuovo approccio terapeutico ha il vantaggio di poter essere effettuato a domicilio richiedendo pochi passaggi in ospedale (una volta al mese, circa).

Chemioterapia

Se il tumore alla prostata si è diffuso ad altri organi e tessuti e non risponde più al trattamento ormonale si ricorre alla chemioterapia con l’obiettivo di ridurre le dimensioni della massa tumorale e alleviarne i sintomi.

La chemioterapia interferisce con la moltiplicazione delle cellule tumorali colpendo però anche la moltiplicazione delle cellule sane. Questo comporta importanti effetti collaterali che hanno un discreto impatto sulla qualità di vita dei pazienti (perdita di capelli, perdita di appetito, nausea e vomito, stanchezza e infezioni).

Terapie in fase sperimentale

Alcune nuove terapie, che devono ancora essere considerate sperimentali, possono essere utilizzate in particolari situazioni di tumore prostatico.

Crioterapia

E’ una tecnica in cui vengono inseriti nella prostata degli aghi che generano delle temperature sotto lo 0°C per distruggere con il freddo le cellule tumorali (fonte).

Terapia con ultrasuoni (HIFU)

Il trattamento con ultrasuoni HIFU ha l’obiettivo di distruggere le cellule cancerose con ultrasuoni focalizzati. Una sonda viene inserita per via rettale in seguito ad anestesia spinale o generale per generare ultrasuoni focalizzati. Il trattamento può essere totale (prostata intera), parziale (una parte della prostata) o focale (solo la zona della prostata affetta dal cancro è trattata). (fonte).

Immunoterapia

L’immunoterapia dei tumori è un approccio terapeutico che sta riscontrando sempre più interesse per via dei successi delle sue applicazioni negli ultimi anni.

L’immunoterapia ha lo scopo di potenziare o stimolare una risposta immunitaria contro il tumore, esattamente come avviene contro le malattie infettive. I cosiddetti “vaccini tumorali” hanno il vantaggio di stimolare una risposta antitumorale altamente specifica evitando quindi effetti collaterali importanti e permettono quindi una buona qualità di vita.

Per il tumore alla prostata nel 2010 è stato approvato negli Stati Uniti il primo vaccino anti-tumore alla prostata, il Sipuleucel-T, o Provenge.

Il suo utilizzo contro il tumore alla prostata metastatico ormono-resistente ha dimostrato di poter allungare la sopravvivenza dei pazienti in maniera significativa.

Ormai anche in Italia la zucca si associa sempre più spesso alla festa di Halloween. 

Ma questo ortaggio della famiglia delle Cucurbitaceee non serve solo per fare un Jack-o’-lantern.

La zucca è probabilmente l’ortaggio più grande conosciuto e può essere utilizzata non solo in cucina, ma anche in cosmesi, come contenitore, come carrozza per principesse… e addirittura in medicina.

La zucca ha molto benefici per la salute

La zucca possiede delle ottime proprietà e benefici nei confronti dell’insorgenza di diverse patologie. E’ ricca di beta-carotene, un potente antiossidante, che il corpo converte in vitamina A e che dona alle verdure e alla frutta il caratteristico colore arancione. 

Oltre al consumo della polpa, diversi studi hanno evidenziato che il consumo dei semi abbia un maggiore impatto sulla salute. I semi di zucca contengono fitoestrogeni, un composto vegetale che imita gli estrogeni, che hanno dimostrato un’azione nel ridurre il rischio di tumore al seno nelle donne (fonte).

Ma anche per gli uomini ci sono delle buone notizie. Gli estratti dei semi di zucca hanno dimostrato di poter trovare un posto nel trattamento dell’iperplasia prostatica benigna (BPH).

I semi di zucca contengono acidi grassi, vari micronutrienti e steroli, di cui principalmente i delta-7-steroli. I delta-7-steroli sono delle molecole che inibiscono la funzione di un enzima chiamato 5-alfa-riduttasi, il bersaglio delle comuni terapie contro l’ipertrofia della prostata.

I semi di zucca sono fonte di sali minerali, tra cui manganese, magnesio, fosforo, e soprattutto zinco, quest’ultimo presente in una quantità pari a 10 mg ogni 100 g.

Diverse ricerche hanno dimostrato una riduzione della crescita del tumore alla prostata quando i livelli di zinco sono normali. Lo zinco contribuisce a neutralizzare i radicali liberi e a mantenere in salute il sistema immunitario.

Uno studio che ha coinvolto 465 pazienti ha osservato che la somministrazione di estratto di semi di zucca ha dimostrato miglioramenti statisticamente rispetto al placebo dei sintomi della BPH, misurati in base all’International Prostate Symptom Score (IPSS) (fonte).

Questa evidenza è stata confermata in un secondo studio parzialmente in doppio cieco condotto su 1431 pazienti dove è stato confrontato l’estratto di semi di zucca e semi di zucca con placebo.

Il miglioramento dei sintomi è stato accompagnato da un miglioramento clinicamente significativo della qualità della vita, principalmente dovuti alla riduzione della nicturia e senso di irritazione delle vie urinarie (fonte).

La prostata ingrossata, o “iperplasia benigna della prostata” è una condizione patologica che consiste nell’aumento di volume dell’organo.

E’ una situazione che si manifesta in genere dopo i 50 anni ed è molto frequente nella fascia compresa tra i 60 e gli 80 anni: si stima che sia presente in più della metà degli over 50 e nei tre quarti degli ultraottantenni.

Non sono ancora ben chiare le cause, ma sembra che alla base dell’ingrossamento della prostata ci siano squilibri ormonali, infezioni virali o batteriche, o più in generale uno stato di infiammazione (fonte), detta prostatite.

La prostata è attraversata dal primo tratto dell’uretra, il canale che porta l’urina dalla vescica verso l’esterno. Quando la prostata si ingrossa è come se “strozzasse” l’uretra impedendogli di allargarsi quando la vescica deve svuotarsi durante la minzione.

Si conseguenza se l’uretra ha degli impedimenti ad allargarsi farà resistenza allo svuotamento della vescica.

Tuttavia, in alcuni casi anche una prostata non eccessivamente ingrossata può causare una difficoltà all’uretra di espandersi. In questi casi tutto dipende dalle caratteristiche del tessuto, più o meno rigido.

Quali sono i sintomi della prostata ingrossata?

In tutti i casi, l’incapacità dell’uretra di allargarsi disturba lo svuotamento della vescica (la minzione).

La conseguenza è quindi una progressiva difficoltà ad urinare. Si sente il bisogno di urinare spesso, anche durante la notte.

Il getto dell’urina risulta debole, in alcuni intermittente, talvolta con sgocciolamento al termine della minzione e sensazione di non avere svuotato completamente la vescica.

In alcuni casi sono necessari diversi secondi prima di riuscire ad urinare oppure bisogna aiutarsi contrando i muscoli addominali.

Più raramente può essere presente del sangue nelle urine. In situazioni è spesso presente un’infezione delle vie urinarie.

È da ricordare che la prostata ingrossata non è sempre sintomatica e molti uomini, infatti, possono non presentare alcun disturbo di rilievo.

Come si effettua la diagnosi di prostata ingrossata?

In presenza di sintomi è necessario riferirsi al mproprio medico di famiglia che potrà indirizzare ad una visita urologica in cui si potranno valutare tramite l’esplorazione rettale le caratteristiche della prostata.

Oltre alla visita urologica potranno essere richiesti degli esami aggiuntivi per confermare il sospetto di iperplasia prostatica benigna e per escludere altre situazioni patologiche e non che possono presentare sintomi simili.

Nello specifico, gli esami che potranno essere necessari sono:

  • Uroflussimetria, per quantificare oggettivamente le caratteristiche del getto urinario.
  • Ecografia dell’addome, per escludere complicanze quali calcoli, diverticoli, dilatazioni di reni o ureteri e per identificare la presenza di residuo di urina in vescica dopo aver urinato.
  • PSA, per escludere, insieme all’esplorazione rettale, la presenza di altre malattie prostatiche.

Come si cura l’ingrossamento della prostata?

In seguito alla diagnosi di iperplasia prostatica benigna ed aver escluso la presenza di altre patologie, la scelta del percorso terapeutico si basa principalmente sui sintomi e sulla presenza o meno di complicanze.

Terapia comportamentale

Prima di parlare degli approcci farmacologici è bene sapere che l’adozione di uno stile di vita sano può migliorare gli effetti di una terapia ed evitare peggioramenti o complicanze nei casi avanzati.

Alcuni semplici accorgimenti per tenere sotto controllo i sintomi del basso apparato urinario sono:

  • Praticare regolarmente attività fisica, anche moderata;
  • Ridurre (e in alcuni casi evitare) il consumo di bevande alcoliche e bevande zuccherate;
  • Mantenere nella norma il peso corporeo (perdere peso, se necessario);
  • Evitare cibi che irritano (peperoncino, crostacei…)
  • Bere acqua lontano dai pasti

Terapia farmacologica

Si utilizzano principalmente due tipi di farmaci:

Gli alfa-antagonisti o alfa-litici: vanno a bloccare i recettori alfa situati sulle cellule muscolari lisce della prostata, inducendo il rilassamento dei muscoli sfinterici e favorendo l’apertura ad imbuto del collo vescicale e dell’uretra prostatica, facilitando in questo modo il passaggio dell’urina.

Inibitori della 5-alfa-reduttasi: bloccano la conversione del testosterone nella sua forma attiva (DHT) che sembra essere il “carburante” della crescita delle cellule prostatiche.

Terapia chirurgica

Quando i sintomi dell’ingrossamento della prostata risultano essere tali da pregiudicare la qualità della vita del paziente e le terapie farmacologiche non hanno avuto effetti, si ricorre alla chirurgia.

Esistono oggi diverse tecniche chirurgiche utilizzate per l’iperplasia prostatica, più o meno invasive.

  1. TURP (Resezione Transuretrale della Prostata) rappresenta il gold standard del trattamento chirurgico. È un intervento endoscopico realizzato attraverso l’uretra in cui il chirurgo può sezionare e asportare strati della ghiandola prostatica in eccesso.
  2. Laserterapia, solitamente laser al Tullio, che permette sia l’enucleazione (TuLEP = Tullium Laser Excision of Prostate) che la vaporizzazione dell’iperplasia prostatica benigna. Rispetto alla TURP ha tuttavia lo svantaggio di esporre i tessuti ad elevata energia causando disturbi irritativi postoperatori.
  • Adenomectomia prostatica, è la terapia chirurgica più invasiva ed è riservata ai casi di prostata ingrossata più severi. Prevede l’incisione dell’addome allo scopo di raggiungere la prostata ingrossata e asportarne la parte in eccesso.

Un’iperplasia benigna può evolvere in un tumore alla prostata?

Con il termine iper-PLASIA si intende un aumento del numero di cellule.

Un tumore è una situazione in cui una cellula impazzisce e inizia a moltiplicarsi, quindi aumentando il numero.

L’iperplasia è tecnicamente un tumore (che vuole dire “rigonfiamento”), ma di tipo “benigno”.

Un tumore viene definito “benigno” quando la sua espansione non compromette i tessuti circostanti e non si espande fuori dal suo spazio.

Un tumore viene definito “maligno” quando si espande agli altri tessuti, anche a distanza (es. metastasi).

Sebbene iperplasia benigna della prostata e tumore alla prostata abbiano sintomi molto simili, si tratta di due patologie distinte, sia per causa sia per progressione e possono anche essere presenti contemporaneamente nello stesso paziente.

Il massaggio terapeutico della prostata è utile in caso di prostatite?

Il Massaggio prostatico è una procedura che può essere eseguita in modo indiretto, facendo delle pressioni sulla zona perineale dell’uomo, o in modo diretto, introducendo il dito attraverso l’ano ed effettuando una serie di delicati movimenti circolari direttamente sulla prostata.

Nella medicina orientale il massaggio prostatico ad uso terapeutico è da molto tempo utilizzato allo scopo di eliminare i residui che si depositano nella ghiandola prostatica diminuendo quindi la pressione sull’uretra per favorire la funzione vescicale.

Nella medicina Occidentale il massaggio terapeutico della prostata è stata una delle pratiche più indicate per aiutare il paziente affetto da prostatite cronica. Sembra invece fortemente sconsigliato in caso di infezione acuta.

All’origine di questo utilizzo si pensava che il processo infiammatorio batterico all’interno della prostata causasse delle occlusioni e quindi la ritenzione dei liquidi nell’organo, favorendo l’irritazione della prostata.

Tuttavia, non sembrano esserci grosse basi scientifiche a sostegno dell’utilizzo del massaggio prostatico nel trattamento della prostatite, così come non esiste nessuna evidenza nella prevenzione del tumore alla prostata.

Il massaggio prostatico è invece una pratica che può alleviare i disturbi legati all’ipertrofia benigna della prostata, o prostata ingrossata, aiutando a mantenere questa ghiandola maschile in buona salute. Un massaggio prostatico ben eseguito da un operatore esperto può infatti favorire un buon flusso sanguigno, migliorare l’ossigenazione dei tessuti della prostata e contribuire ad alleviare disturbi della minzione e difficoltà erettili legati all’ingrossamento della ghiandola.

Il massaggio prostatico, così come l’esplorazione rettale eseguita durante una visita urologica causano un aumento del PSA nel sangue. E’ infatti indicato di non eseguire il test del PSA nei giorni immediatamente successivi a queste procedure per non alterare il risultato.

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