Ogni anno nel mondo milioni di uomini si sottopongono a numerose biopsie della prostata per il sospetto della presenza di un tumore alla prostata.

E moltissimi di questi uomini vanno incontro ad una prostatectomia radicale (asportazione totale della prostata), che nella quasi totalità dei casi porta a conseguenze devastanti come incontinenza, impotenza e trauma psicologico.

Ma il fatto più sconcertante è che la maggior parte di questi uomini non sarebbe mai morta di tumore alla prostata, poichè nella maggior parte dei casi è una malattia che cresce così lentamente da non dare origine neanche ai sintomi più comuni.

Ma perché vengono eseguiti così tanti interventi e procedure mediche superflue?

Nel 1970 il medico e scienziato americano Richard J. Ablin scoprì una molecola espressa in maniera esclusiva dalla prostata, il PSA (Antigene Specifico della Prostata). Ablin si accorse che il PSA non era prodotto dal tumore, ma da tutte le cellule della prostata, ma notò che una volta asportato totalmente l’organo, la presenza di PSA nel sangue era indice del fatto che il tumore fosse ancora presente nel paziente. Inizialmente, infatti, venne sviluppato un test in cui veniva misurato il PSA per valutare la presenza di recidive.

Tuttavia, la misurazione del PSA iniziò gradualmente ad essere utilizzata prima per tutti i pazienti con un tumore alla prostata (anche quelli poco aggressivi) e poi anche a quei soggetti che avevano solo un sospetto di malattia. Di conseguenza, molte aziende iniziarono a produrre i kit per misurare il PSA, intuendo la possibilità di profitto.

Dopo una fase molto controversa, nel 1994 il dosaggio del PSA venne approvato dalla FDA per l’uso routinario negli uomini sopra i 50 anni come uno screening per la diagnosi precoce del tumore alla prostata. La decisione fu comunque già allora contrastata da parte della comunità medica per la scarsa specificità di questo esame, fino al 78% di falsi positivi.

Recentemente, lo stesso Ablin ha pubblicato un libro intitolato “Il grande inganno sulla prostata” in cui afferma che la decisione del FDA avvenne sotto la spinta di potenti lobby con grandi interessi economici.

Nel 2013, durante il congresso annuale degli urologi statunitensi (AUA) si iniziò a percepire evidentemente che il test del PSA non dovesse essere più utilizzato per lo screening sulla popolazione totale. Nel libro il Dr. Ablin si chiede per quale ragione il test del PSA fosse stato usato su larga scala per oltre vent’anni, nonostante fosse chiaramente riconosciuto come non idoneo.

In conclusione il Dr. Ablin non boccia completamente l’utilizzo del test del PSA. Questo esame dovrebbe essere prescritto a chi presenta dei fattori rischio (come avere una storia di tumore alla prostata in famiglia) e dovrebbe essere ripetuto più volte per monitorare se la quantità di PSA aumenta nel tempo.

Il PSA è un ottimo marcatore, ma non viene utilizzato nel modo corretto.

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