Sia dentro che fuori, il nostro corpo è popolato da una vasta gamma di microrganismi, funghi, virus, ma soprattutto batteri. Ma una volta, i microbi non erano pericolosi?

Alcuni di loro sì, ma altri invece svolgono delle funzioni molto importanti per il nostro corpo: aiutano le funzioni del sistema immunitario, scompongono alcuni nutrienti rendendoli disponibili alle nostre cellule e prevengono la colonizzazione da parte di microbi dannosi. 

La maggior parte dei microbi che fanno bene, risiedono nell’intestino e costituiscono la cosiddetta “flora intestinale”. Da dove arrivano i microbi intestinali? Il primo incontro con questi batteri avviene già al momento della nascita, attraverso il canale del parto. E questo primo contatto sembra essere estremamente importante: è stato infatti osservato che i bambini nati da taglio cesareo hanno un rischio più elevato di sviluppare patologie diverse tra cui l’asma e il diabete di tipo 1 (fonte).

La nostra flora intestinale cambia rapidamente nel nostro primo o secondo anno di vita, modellata dai microbi del latte materno, dell’ambiente e altri fattori, e si stabilizza intorno ai tre anni. Ma il nostro ambiente, la nostra dieta, lo stress e i farmaci che prendiamo, come gli antibiotici, hanno un forte impatto sulla flora batterica (o microbioma) durante la nostra vita.

Ma quanti sono i microbi che abitano il nostro corpo? In un individuo adulto le cellule microbiche sono 10 volte superiori a quelle del proprio corpo. Siamo più batteri che umani! Questo aspetto ci deve ricordare che il nostro corpo è cresciuto in stretto contatto con questi microbi. Loro si sono adattati a noi e noi ci siamo adattati a loro.

E’ quindi chiaro che una perturbazione del nostro microbioma si rifletterà sulla nostra salute. Negli ultimi anni modificazioni del microbioma, in particolare, sono state associate a una grande varietà di malattie e condizioni, dal diabete all’autismo e dall’ansia all’obesità. Il microbioma intestinale è stato anche collegato al modo in cui gli individui rispondono a determinati farmaci, compreso il modo in cui i pazienti oncologici rispondono alla chemioterapia.

Inoltre, ci sono prove a supporto del concetto che la rottura dell’equilibrio del microbioma (o disbiosi) intestinale possa contribuire allo sviluppo dei tumori. In particolare, è stata osservata un’associazione tra cicli ripetuti di antibiotici e lo sviluppo di diversi tipi di tumori.  E’ attualmente argomento di studio comprendere i meccanismi attraverso i quali la disbiosi possa influenzare la comparsa e la crescita del tumore (fonte). Il consiglio generale è di cercare di tenere sempre in salute la propria flora.

A questo proposito entrano in gioco i prebiotici e probiotici: i primi sono sostanze che aiutano i microbi utili a prosperare, mentre i secondi sono i microbi stessi che si ritiene siano utili per la salute, come le specie Lactobacillus e Bifidobacterium. Sia i prebiotici che i probiotici si trovano negli alimenti naturalmente fermentati o possono essere presi come integratori.

Tuttavia ci sono ancora poche informazioni su quali dovrebbero essere utilizzati dai singoli individui, per una situazione particolare, e se possono apportare benefici a persone sane, come prevenire le malattie. Esiste comunque qualche evidenza sul fatto che i probiotici possano dare dei benefici nei soggetti che stanno seguendo una terapia antibiotica.

Ovviamente un dieta bilanciata, quale la dieta mediterranea, sembra essere la scelta migliore. Infatti diversi studi clinici sono attualmente in corso per dimostrare gli effetti di una determinata dieta sulla flora intestinale e quindi sulla salute delle persone.

L’avvento dell’era digitale ha rivoluzionato le modalità, ma soprattutto la possibilità di accesso alle informazioni riguardo alla salute. Consultando internet in maniera quasi istantanea qualsiasi persona può ottenere molte notizie su argomenti di tipo medico, dal raffreddore ai tumori.

Il peso crescente che il web ha nella costruzione del sapere dei cittadini in ambito salute è testimoniato da numerose ricerche. Diverse indagini hanno rilevato che circa il 40% degli italiani cerca informazioni riguardo alla salute su internet in maniera costante e sempre più spesso attraverso i social network (fonti: Censis, GFK Eurisko).

L’uso di questi strumenti non deve e non può ovviamente sostituire il rapporto con il medico, ma può offrire una serie di vantaggi nella gestione delle patologie, specie per quel che riguarda tutti quegli aspetti non strettamente clinici. La gestione emozionale della malattia è un campo in cui il sistema sanitario risulta carente ed è evidente che gli strumenti di aggregazione possano avere dei forti effetti positivi. E’ ovviamente da tenere in considerazione la possibilità dei rischi insiti nell’uso di internet per informazioni sulla salute, come la possibilità di incappare in notizie false e non sostenute dalla comunità medica.

Da diverso tempo in paesi come gli Stati Uniti stanno nascendo alcuni social network di pazienti in cui scambiare informazioni e comunicare. Uno degli esempi di successo di questa idea è rappresentato dal The International Heart Hub (iHHub), la prima organizzazione non profit globale, che riunisce gruppi di pazienti in diversi paesi del mondo, per diffondere una consapevolezza dello scompenso cardiaco, migliorando la qualità della vita dei pazienti.

L’obiettivo di queste nuove realtà è tenere i contatti con il maggior numero possibile di pazienti, senza che nessuno rimanga isolato o che si senta solo ad affrontare la propria condizione.

Per garantire una buona cultura della prevenzione, deve esserci un’informazione di buona qualità e comunicata con un linguaggio appropriato secondo il target. Non è però sufficiente solo trasmettere informazioni corrette, ma bisogna coinvolgere gli utenti mettendoli al centro del sistema salute. I social network consentono di recuperare la fiducia dei cittadini e la possibilità di interagire con le istituzioni è un fattore importante per catturare la loro attenzione e utilizzare strumenti, come lo storytelling, per generare un dialogo.

Gli effetti positivi dell’uso dei social network da parte degli organi istituzionali sono dimostrati da diversi studi e sembrano dipendere dal fatto che il trovarsi a contatto con situazioni simili generi aspettative positive, portando il paziente ad emulare nel bene gli altri utenti. Inoltre, ci sono alcune dinamiche social che risultano positive quando applicate alla gestione della malattia: nel caso delle community di diabete misurare frequentemente la glicemia, ad esempio, e condividere il risultato porta altri pazienti a fare altrettanto (fonte). Gli studi evidenziano proprio che i social possono contribuire a modificare positivamente i comportamenti e i gli stili di vita (fonte). Oltre a favorire lo scambio d’informazioni tra pazienti questi siti possono migliorare i trattamenti, e in qualche caso far risparmiare risorse economiche. Quando i pazienti imparano dall’esperienza degli altri, tendono a fare meno test diagnostici di cui non hanno bisogno e chiedono anche migliori trattamenti, che nella maggior parte dei casi risultano più economici.

Anche nel campo delle malattie oncologiche sono nate diverse comunità on line con l’obiettivo primario di fornire informazioni corrette e comprensibili a pazienti e volontari, ed un sostegno psicologico nei momenti più difficili.

Diversi studi hanno mostrato che una diagnosi di cancro possa essere molto stressante ed il sostegno di persone con esperienze simili si è dimostrato molto efficace nel ridurre questo stress (fonte). Il sostegno di persone con esperienze in comune è un sistema per dare e ricevere aiuto, basato sul principio di rispetto reciproco e comprensione condivisa del percorso dei malati di cancro. L’opportunità di entrare in contatto con persone che hanno vissuto l’esperienza del cancro può essere molto efficace nel ridurre lo stress psicologico.

Le comunità di pazienti create online, o comunità virtuali rappresentano una nuova forma di aggregazione, sviluppatasi con l’avvento delle reti telematiche. Si tratta di luoghi appunto “virtuali”, in cui gruppi di utenti, uniti da interessi e bisogni comuni, si incontrano e dialogano in tempo reale, superando qualsiasi tipo di barriera geografica.

L’interazione, in questo tipo di contesto, si basa solo su ciò che gli utenti scrivono, annullando le differenze nella gerarchia sociale e organizzativa. Caratteristiche come classe, genere, età, modo di vestire, assumono un aspetto ininfluente ai fini dell’interazione, che per questo si rivela unica e altamente “democratica”.

Queste evidenze sottolineano l’importanza delle comunità virtuali per la gestione dei pazienti oncologici e suggeriscono che l’utilizzo di questo strumento possa aiutare i pazienti ad affrontare una diagnosi  di tumore.